Il micromotore elettromagnetico

Il micromotore elettromagnetico

Le nanomacchine non sono ancora pronte per l'impiego in scenario di utilizzo reali, ma i motori per muoverle già ci sono. E funzionano con i campi elettromagnetici.
Le nanomacchine non sono ancora pronte per l'impiego in scenario di utilizzo reali, ma i motori per muoverle già ci sono. E funzionano con i campi elettromagnetici.

Non si chiamerà Proteus come l’altro prototipo di nanomotore realizzato in Australia, ma la tecnologia sviluppata presso l’Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo condivide una parte non trascurabile delle soluzioni già adottate per dotare le nanomacchine della capacità di moto autonomo di cui necessitano per conquistare il corpo umano e, eventualmente, il mondo.

Come quello del progetto australiano, il prototipo svizzero è stato ispirato dalla struttura a spirale di taluni tipi di batteri, perfettamente in grado di “nuotare” nei fluidi degli organismi ospiti e di muoversi in maniera indipendente. Il nanomotore, sviluppato da Bradley Nelson e colleghi, è in grado di riprodurre gli stessi movimenti dei suddetti batteri e di muovere in giro una massa sostanzialmente similare, con la differenza che in questo caso il motore a forma di flagello viene alimentato e controllato attraverso un campo magnetico esterno .

La fonte di energia dell’engine è composto da tre paia di bobine elettromagnetiche posizionate in modo da coprire le tre dimensioni spaziali, messe all’esterno del contenitore d’acqua in cui il motore “nuota”. La “coda” a elica del nanodispositivo (lunga 47 micron) è composta da un nastro di materiale semiconduttore e da una “testa” magnetica di 4,5 micron fatta di cromo, nichel e oro.

La costante variazione del campo elettromagnetico prodotto dalle tre paia di bobine produce un campo magnetico rotante, a cui le testine del nanomotore tendono ad adattarsi facendo girare il flagello superconduttivo e spostando il prototipo in avanti . Fino a ora Bradley e il suo team sono riusciti a far percorrere all’engine 20 micrometri per secondo, “ma con alcune modifiche elettroniche minori contiamo di raggiungere i 100 micrometri per secondo” dice il ricercatore.

Sullo stesso principio dei campi elettromagnetici si basa poi un’altra ricerca sui nanomotori autonomi, questa volta condotta presso la Argonne National Laboratory in Illinois, USA. Qui Alexey Snezhko è il responsabile della creazione di “serpenti” magnetici composti da piccole sfere di nichel che se ne vanno a zonzo sulla superficie dell’acqua di un contenitore, il cui involucro è stato ancora una volta contornato da bobine in grado di produrre e alterare il campo elettromagnetico all’interno.

A causa del campo magnetico, una delle suddette sfere comincia a vagare senza meta e, quando passa sufficientemente vicina a un’altra sfera, e ripetendo questa azione più e più volte si giunge ad assemblare lunghe fila di “serpenti” di nichel tenuti insieme dall’attrazione elettromagnetica .

Anche in questo caso si prevede la possibilità, modificando opportunamente il campo magnetico indotto, di controllare il movimento dei nanodispositivi, utilizzandoli a mo’ di “cargo” per trasportare particelle a destinazione. Vista l’impossibilità di “immersione”, però, i serpenti di nichel potrebbero essere utili più come miscelatori di sostanze chimiche o spazzini di specchi d’acqua che come vettori di cure mediche all’interno del corpo umano.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 4 mar 2009
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