Prima è stato il New York Times, che da ChatGPT pretende un rapporto differente poiché considera illecito l’utilizzo del materiale del giornale per l’addestramento dell’IA. Ora è il momento degli artisti, per i quali le rivendicazioni sono le medesime. Da una parte c’è il frutto dell’ingegno umano, dall’altra c’è uno strumento che intende sfruttare questa creatività per produrne di nuova. Ma a chi tocca il dono divino della creazione? Quando si può definire “creatività” e quando è invece mera applicazione di modelli algoritmici per i quali occorrerà discutere nel merito sviluppo, addestramento e applicazione?
Artisti vs IA
Il caso che si sta aprendo nel Regno Unito, insomma, rischia di essere soltanto l’inizio di un dibattito che mette in discussione alcuni archetipi che in precedenza l’innovazione non aveva ancora mai scalfito. Gli artisti, infatti, chiedono che l’addestramento dell’IA rispetti il diritto d’autore che non si nutrano server con immagini altrui senza debito consenso – e, tra le righe, compenso. Al centro delle accuse vi sarebbe Midjourney, ma soltanto in quanto capofila di una serie di servizi di IA generativa che dovranno rispondere a medesime accuse. Tra i nomi citati anche i vari Stability AI, Runway AI e DeviantArt, con gli artisti pronti ora a fare gruppo per portare avanti una causa collettiva che ripristini i dogmi che l’IA ha scalfito.
Nel mirino vi sarebbe in modo particolare la capacità dell’IA di imitare lo stile di particolari artisti, producendo pertanto qualcosa che deriva direttamente dalla loro visione creativa: in assenza di accrediti e remunerazioni, quest’opera diventa esclusivamente una rielaborazione di elementi, ma sulla proprietà di questi ultimi si apriranno inevitabilmente cause e dibattiti poiché dirimenti per il futuro dell’IA e dei suoi possibili campi di applicazione.
Secondo Isabelle Doran, massima rappresentante della Association of Photographers, occorre agire subito per riportare il valore sul fronte della creatività poiché, se si sposta sul lato dello sviluppo algoritmico, significa avviare una deriva che porterebbe l’arte ad essere completamente annichilita da semplici forme di imitazione, simulazione, produzione derivata e mescolanze prive di significato. L’IA generativa rischia di confondere la creazione con la produzione, cancellando così tutto quello che è il valore della scintilla da cui le idee prendono forma: se si delega all’IA questo ruolo, per il quale l’IA non è stata peraltro pensata, significa abdicare ad una funzione elevata dell’uomo rispetto alla macchina e lasciare a quest’ultima il compito di immaginare senza immaginare.
La causa che potrebbe essere avviata contro i tool di IA imporranno al legislatore di approfondire il tema, poiché il ballo non ci sono soltanto remunerazioni individuali, ma il posizionamento del baricentro economico tra artisti e Big Tech, creativi e creator, artisti e simulatori. In ballo c’è la qualità, che rischia di soffocare sotto i colpi di una impunita quantità. Ma bisogna scegliere ora da che parte stare, perché quando si chiuderà il recinto i buoi potrebbero essere ormai definitivamente scappati.