Internet Explorer, troppa privacy fa male al portafogli?

Internet Explorer, troppa privacy fa male al portafogli?

La guerra tra sviluppatori e pubblicitari, secondo il WSJ, infiamma in quel di Redmond. Per quanto riguarda IE8 l'hanno spuntata i secondi, per il futuro si vedrà
La guerra tra sviluppatori e pubblicitari, secondo il WSJ, infiamma in quel di Redmond. Per quanto riguarda IE8 l'hanno spuntata i secondi, per il futuro si vedrà

Ce la stavano mettendo tutta, gli sviluppatori impegnati su Internet Explorer 8, nel realizzare un browser che fosse allo stato dell’arte per quanto riguarda la cura della privacy di navigazione dell’utente. Ma gli sforzi di sviluppo si sono dovuti scontrare con le esigenze del marketing e dell’advertising , e a quanto pare alla fine gli ads l’hanno avuta largamente vinta sulla riservatezza dei netizen .

Lo rivela il Wall Street Journal , descrivendo il presunto dibattito interno avvenuto in quel di Redmond nell’anno 2008: quando il management che pensa ai conti e ai flussi di ricavi ha “azzoppato” le ali degli sviluppatori decisi a rendere il nuovo IE un browser all’avanguardia – per lo meno per quanto attiene la gestione della privacy – per riguadagnare parte del market share perduto a favore dei concorrenti.

Oltre a InPrivate Filtering per il controllo del tipo di informazioni tracciato dai siti web di terze parti, gli sviluppatori di IE8 avrebbero voluto includere altre funzionalità orientate alla privacy come InPrivate Subscriptions – tecnologia che avrebbe bloccato automaticamente i siti web presenti in non meglio precisate blacklist gestite da gruppi pro-privacy.

Ma una simile scelta non andava giù al management della divisione advertising di Microsoft, che evidenziando i rischi per le vendite di ads da parte del colosso di Redmond (e anche di altri), e i potenziali effetti negativi sui ricavi dei siti gratuiti sostenuti dalla pubblicità, ha infine portato al ridimensionamento degli ambiziosi piani presentati dagli sviluppatori.

Internet Explorer contiene certamente una serie di strumenti per il controllo avanzato dell’accesso alle informazioni di navigazione e per il browsing anonimo, ma in quanto a possibili “ad-blocker” integrati e/o strumenti anti-tracking pare che a Redmond nulla s’abbia da fare finché c’è da rimetterci denaro sonante.

Nell’epoca del social networking e dei database mastodontici di ID digitali modello Facebook la privacy dunque non ha più importanza? Non necessariamente, rivela una ricerca recente , perché anche gli utenti più giovani non sono affatto indifferenti ai tanti rimaneggiamenti delle opzioni per il controllo dell’accesso ai dati che hanno contraddistinto la storia recente del mega-network di “amici” statunitense.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
3 ago 2010
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