Internet non è una malattia: è la cura

Internet non è una malattia: è la cura

Punto Informatico parla delle dinamiche di relazione interpersonali in Rete con un esperto del settore. Che rivela che su Internet tutto, o quasi, è possibile. E che è questa la rivoluzione del 21simo secolo
Punto Informatico parla delle dinamiche di relazione interpersonali in Rete con un esperto del settore. Che rivela che su Internet tutto, o quasi, è possibile. E che è questa la rivoluzione del 21simo secolo

Se si parla della Rete gli psicologi vengono tirati in causa solo per commentare disfunzioni, patologie, dipendenze e perversioni. Una tantum vorremmo tracciare un quadro meno allarmistico e più quotidiano di quali siano le dinamiche coinvolte nelle nostre azioni online, la branca interessata della disciplina medica si chiama Cyberpsicologia , chiedendo lumi al professor Yair Amichai-Hamburger , direttore del Centro Ricerche sulla Psicologia dell’uso di Internet ad Herzliya, in Israele.

Punto Informatico: In Internet and Personality suggerisce che i progettisti della Rete e gli psicologi debbano lavorare fianco a fianco. Compara la rivoluzione di Internet alla rivoluzione industriale dove l’enfasi si è spostata dalla corsa a macchinari più efficienti ad un ambiente di lavoro incentrato sull’uomo: come dovrebbe accadere questo sul fronte Web?
Yair Amichai-Hamburger: La Rete ha il potenziale per dare il via ad una rivoluzione incentrata sull’essere umano. Questo perché può produrre un numero infinito di ambienti diversi; e non c’è ragione per cui non possano venire disegnati attorno ai profili della personalità dei navigatori. Sappiamo, ad esempio, che i soggetti con un profondo bisogno di vedere le cose giungere ad un termine non amano i siti pieni di link mentre quelli che non nutrono tale esigenza hanno gusti diametralmente opposti. Servono ulteriori ricerche sull’interazione tra personalità e uso di Internet se vogliamo sfruttare il potenziale del Web in questo campo. Ad ogni modo dobbiamo aggiungere che tali studi vanno usati a beneficio dei navigatori, e non per manipolarli o sfruttarli.

PI: In una accezione più ampia, cosa può fare la Rete per migliorare il nostro benessere psicologico e come conseguirlo?
YAH: Per una risposta esauriente alla domanda vi rimando al mio articolo intitolato E-empowerment: Empowerment by the Internet (lo “empowerment” è il conferimento di potere in inglese, ndr) dove spiego quanto il nostro benessere psichico dipenda dall’aiuto reciproco e dalla costruzione di una comunità reattiva.

PI: È fattibile la cosiddetta e-Therapy?
YAH: La e-therapy ha un potenziale impressionante nell’aiutarci in situazioni dirette di moderata difficoltà. Ci può fornire una soluzione di estrema rilevanza verso coloro che si trovino a disagio nell’andare in terapia per diffidenza, paura, timidezza, costi o una miriade di altre ragioni. Per gli interessati a ricevere questo tipo di trattamento è importante assicurarsi che chi lo somministra sia titolato e ci sia un valido accordo tra le due parti.

PI: Secondo il suo libro The Social Net: human behaviour in cyberspace , Internet permetterebbe di esplorare aspetti di noi stessi altrimenti giudicati obiettabili nei rispettivi circoli sociali, favorendo quindi un coming-out sulla propria natura sessuale o politica. In direzione opposta troviamo il ciberostracismo, l’esclusione dalle comunità online. Ci sentiamo più proni ad accogliere o rigettare gli altri e le loro idee in un tale ambiente?
YAH: Esistono due fattori coinvolti: il primo è che essendoci centinaia di milioni di persone intente a navigare possiamo trovare un gruppo di consimili per ogni nostro interesse. I gruppi sono molto importanti per i loro membri nel costruire l’autostima. In molti casi il gruppo online è l’unica loro fonte di autostima. Il secondo è che hanno leader, obiettivi e regole così come ne hanno quelli del mondo offline. Se non rispetti tali regole potresti trovarti escluso.

PI: Rimanendo sul tema dei sentimenti: è vero amore quello che proviamo per qualcuno, magari a diecimila chilometri da noi, che abbiamo incontrato infinite volte online ma mai nel mondo fisico? O si tratta di una di quelle emozioni fantasma , esperienze apparentemente concrete con poca o nessuna base nella realtà, come le descrive The Oxford Handbook of Internet Psychology ?
YAH: L’amore è negli occhi di chi guarda. Questo valeva già prima dell’avvento del Web. Ci si può innamorare di una ragazza e giudicarla la più bella al mondo mentre il nostro miglior amico non la squadrerebbe due volte. D’altro canto Internet può portare la nostra percezione e immaginazione ad un livello estremo, e dobbiamo essere molto accorti che la persona di cui ci stiamo innamorando sia davvero quella che pensiamo sia.

PI: Non c’è speranza quindi?
YAH: Detto questo, in molti trovano il vero amore grazie alla Rete e spesso i cyber-appuntamenti giocano un ruolo chiave nella vita di soggetti timidi, imbarazzati al dover fare il primo passo faccia a faccia. Tali persone possono ricorrere al Web per le fasi iniziali della relazione salvo spostarla in un secondo momento al mondo reale. Simili appuntamenti sono decisivi anche per chi viva isolato o abbia esigenze speciali oppure ancora chi appartenga a gruppi particolari.

PI: La Ipotesi del contatto sostiene che la vera conoscenza e frequentazione attenui il pregiudizio. Internet riesce a contrastare stereotipi e razzismo?
YAH: Stiamo appunto lavorando ad una grande piattaforma che avvicini gruppi rivali. Il contatto online fornisce grandi vantaggi su quello tradizionale. Comunque deve essere strutturato e supervisionato, altrimenti potremmo non ottenere i risultati positivi cui miriamo.

a cura di Fabrizio Bartoloni

I precedenti interventi di F.B. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
4 feb 2009
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