Italia, c'è chi vuole il carcere per i siti pro-ana e i pro-mia

Italia, c'è chi vuole il carcere per i siti pro-ana e i pro-mia

Polemiche sulla proposta di legge che vorrebbe istituire il reato di "istigazione a pratiche alimentari inidonee": multe e reclusione per chi inneggia ad anoressia e bulimia, anche per via telematica
Polemiche sulla proposta di legge che vorrebbe istituire il reato di "istigazione a pratiche alimentari inidonee": multe e reclusione per chi inneggia ad anoressia e bulimia, anche per via telematica

Da qualche mese una proposta di legge vorrebbe bloccare i contenuti che in rete inneggiano a disturbi alimentari come anoressia e bulimia, i cosiddetti siti e blog pro-ana e pro-mia, arrestandone gli autori: l’idea è quella di combattere così l’incitamento a comportamenti dannosi e disinnescare quella rete di commenti che sostiene tali pericolosissime pratiche alimentari.

La proposta di legge è stata assegnata il 14 luglio alla Commissione Giustizia e non è stata ancora calendarizzata, è bipartisan ed oltre alla prima firma di Michela Marzano vede il sostegno – tra gli altri – anche di Paola Binetti, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini: oltre a dettare disposizioni “in materia di prevenzione e diagnosi precoce dei disturbi alimentari”, punta proprio ad affrontare la questione inserendo nel codice penale il reato di istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare , intervenendo sull’ articolo 580 . Il testo recita così: ” Art. 580-bis. – (Istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare). – Chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente a pratiche di restrizione alimentare prolungata, idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare, o ne agevola l’esecuzione, è punito con la reclusione fino ad un anno e con una sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Se il reato di cui al primo comma è commesso nei confronti di una persona minore di anni quattordici o di una persona priva della capacità di intendere e di volere, si applica la pena della reclusione fino a due anni e di una sanzione pecuniaria da euro 20.000 a euro 100.000 “.

La deputata e filosofa Michela Marzano conosce in prima persona il problema, tanto che ha raccontato la sua malattia nel libro “Volevo essere una farfalla”, tuttavia pare avere una concezione molto restrittiva dello scopo di leggi ed istituzioni: “Non è certo compito del Parlamento – dice presentando la modifica al codice penale – interrogarsi sulle dinamiche che portano un numero sempre maggiore di persone a soffrire di disturbi del comportamento alimentare. Né è sua vocazione comprendere e contrastare le cause profonde che, anche nel nostro Paese, hanno portato al moltiplicarsi di questi fenomeni”.

Piuttosto, pensa, si deve intervenire duramente, anche senza un sostanziale studio pregresso (sempre nell’introduzione al testo della modifica, Marzano parla dell’esistenza di relativamente pochi studi in materia) in modo da dare quanto meno un segno della volontà di intervenire sulla questione. Così, la proposta di legge finisce per mal interpretare la situazione e minacciare le vittime stesse: dietro i blog (nella legge si parla anche di chat) cosiddetti “pro-ana” o “pro-mia”, che in Italia secondo gli ultimi dati sarebbero oltre 300.000, spesso ci sono proprio persone anoressiche o bulimiche, convinte di non aver bisogno di aiuto. Che rischierebbero con la legge Marzano multe salate ed il carcere.

Non è una sorpresa, dunque, che le polemiche sono divampate immediatamente: Chiara Lalli, filosofa e giornalista autrice di diversi saggi ha parlato di vera e propria ignoranza da parte degli autori della proposta dei numerosi studi che vi sono in materia e che spiegherebbero la necessità di “intercettare il malessere, magari agganciandole attraverso la rete”, piuttosto che punire le vittime; da parte sua la giornalista Angela Azzaro ha criticato la “cultura punitiva” e spiegato che “chi ha vissuto e conosce l’anoressia sa che non può esserci un colpevole che spinge una ragazza, e oggi anche molti più ragazzi, a cadere in un drammatico rapporto con il cibo e con se stessi”.

D’altra parte, già nel 2009 e nel 2011 in Italia erano state presentate (e poi affossate) proposte di legge simili.

Alle critiche, Marzano ha risposto: sui social network ha scritto di riconoscerne le ragioni, ribadendo tuttavia ancora che “non è mai una legge che risolve i problemi. Ma le leggi hanno sempre un valore simbolico”. E che quindi continuerà a di combattere duramente i siti web “pro-ana” e “pro-mia”.

Claudio Tamburrino

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
7 ago 2014
Link copiato negli appunti