Nel corso dell’incontro organizzato da Business International con Agcom, Corrado Calabrò ha parlato del bisogno urgente di frequenze e della liberalizzazione dello spettro : ha tirato in ballo i 72MHz sulla banda 800 e i 1800 e 2800MHz affidati alla Difesa, ma mai utilizzati.
Mentre si attende che il documento di consultazione sulle regole per la rete di nuova generazione passi al consiglio Agcom (è atteso per il 17 dicembre), e anche senza prendere ancora in considerazione l’ipotesi di rivedere il limite di emissione relativo ai campi elettromagnetici (che in Italia è tra i più bassi in Europa), il dibattito sul bene limitato costituito dalle frequenze è un campo di battaglia dove si sta ora combattendo per quelle appena liberate con il passaggio al digitale terrestre e che valgono 2,4 miliardi di euro.
Si aspettano per sbloccare la situazione le disposizioni normative: il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi ha rinviato le norme al riguardo alla settimana prossima (ma d’altronde prima è difficile si muova qualcosa dato il blocco della situazione politica italiana).
Tuttavia, quanto già ipotizzato dal Ministro competente Romani e in particolare la riassegnazione solo in parte esterno al settore televisivo stesso , all’interno del quale si preferirebbe poi una forma di gara definita Beauty Contest (cioè non un asta al rialzo ma una serie di dichiarazione di intenti da far valutare al governo) e un’assegnazione gratuita di cinque multiplex, non convince affatto gli ISP.
Vincenzo Novari di 3 Italia stigmatizza il diverso trattamento riservato agli operatori delle telecomunicazioni rispetto alle televisioni : le prime pagano anche salato le frequenze, le seconde le ottengono gratis. Riprendendo l’argomento si è infervorato Renato Soru, AD di Tiscali: “Perché viene considerato un servizio pubblico un canale sul digitale terrestre seguito da pochi e non Internet in mobilità a banda larga a buon prezzo?”. Il principio che chiama in causa l’ex-governatore della Sardegna è la neutralità delle tecnologie: in base ad esso, inoltre, dovrebbero essere eliminate le distinzioni tra rete fissa e mobile e si dovrebbe parlare solo di accesso alla Rete.
Il presidente di Telecom Italia, Gabriele Galateri di Genola, ha definito condivisibili le istanze degli operatori.
Il commissario di Agcom Stefano Mannoni ha poi spiegato che si tratta di un problema legislativo e di “contesto antropologico”: la centralità del problema della ricerca del pluralismo e la considerazione del mercato televisivo come meno remunerativo rispetto a quello, per esempio, delle comunicazioni, ha spinto storicamente lo stato a non chiedere oneri ulteriori all’impresa che intende entrare nel settore, in modo da permettergli di competere con gli incumbent e spendere per creare contenuti. Ma, è da notare, tutto nasce dalla considerazione della TV come servizio pubblico e non ugualmente le alternative aperte da Internet .
È in base a queste considerazioni, infatti, che il governo ha deciso di affidarsi ad un beauty contest , metodo che viene d’altronde utilizzato anche in altri paesi europei per lo stesso motivo . E per gli stessi motivi, nelle occasioni in cui Calabrò ha riferito in Parlamento chiamando in causa la necessità di ridestinare le frequenze alle telecomunicazioni è stato “massacrato – come dice Mannoni – sia da destra che da sinistra”.
Alla questione della disparità del trattamento tra operatori TLC e televisivi (generato, come detto, anche dalla preponderanza degli operatori già sul mercato) si rischia poi di aggiungere (come sottolinea l’ex-ministro alle telecomunicazioni Paolo Gentiloni) fattori che vanno ad accentuare una disparità già evidente: fra le frequenze liberate alcuni multiplex sembrano essere destinati gratuitamente alle emittenti già sul mercato come Rai, Mediaset e Sky .
Claudio Tamburrino