La censura del Movimento 5 Stelle

La censura del Movimento 5 Stelle

Di L. Annunziata - Gli attivisti che hanno visto le proprie comunicazioni elettroniche spiattellate in Rete si sono rivolti alla magistratura. E dai magistrati hanno ottenuto censura
Di L. Annunziata - Gli attivisti che hanno visto le proprie comunicazioni elettroniche spiattellate in Rete si sono rivolti alla magistratura. E dai magistrati hanno ottenuto censura

La cosa che più colpisce dell’approccio del Movimento 5 Stelle alla Rete é quella sorta di disturbo bipolare che li contraddistingue: un giorno Internet sarà lo strumento principe della democrazia e del salvataggio dell’intera società, il giorno dopo diviene una terra di nessuno dove si agitano forze oscure da censurare.

Alla base di gran parte delle considerazioni fatte in questi anni su queste e altre pagine c’é una semplice constatazione: la Rete é e resta uno strumento, così come lo é un coltello, un’automobile, un aereo. La differenza nel caso di un coltello, un’auto o un aereo la fa chi li utilizza: e lo stesso vale per l’individuo seduto tra la sedia e lo schermo, sarai lui a decidere che uso fare per il computer che utilizza e dove e cosa cercare durante le sue navigazioni su Internet.

La Rete é uno strumento dell’uomo: al suo interno circolano informazioni di ogni tipo, lecite o illecite, e nella sua pancia così come nella pancia della Società si agitano individui spinti da bisogni e pulsioni giudicati morali o immorali, etici o non etici, a seconda del contesto delle regole in vigore e della realtà che li ospita. Come definire “criminali” i giovani nordafricani che sfidavano le proibizioni del governo per pubblicare in Rete le foto e i video delle insurrezioni della Primavera Araba e della dura repressione operata dai regimi?

Eppure, tecnicamente, quelli erano navigatori che violavano la legge. Così come lo sono gli hacker siriani che assalgono (digitalmente) i giornali e le agenzie di stampa occidentali per sostenere politicamente il regime in piena guerra civile. Singoli individui, o piccoli gruppi, che decidono di sostenere una causa in cui credono nel modo che ritengono possibile. Dall’altra parte ci siamo noi, che possiamo ritenere il regime di Assad legittimo o illegittimo, ma che in ogni caso assistiamo alle loro rappresaglie digitali.

Sono criminali informatici, nel senso stretto del termine, anche tutti coloro che distribuiscono materiale riservato in Rete: possiamo ritenere Wikileaks un sito pirata da chiudere e oscurare? Il caso di Bradley Manning e Julian Assange riguarda due feroci malviventi da assicurare in fretta al rigore inflessibile della Giustizia? Le migliaia di documenti sugli orrori delle guerre di pace, sugli affari delle banche svolti più o meno alla luce del sole, sulle comunicazioni intercorse tra le diplomazie e i potentati, sono documenti che é bene o male che la pubblica opinione possa scoprire, consultare e analizzare? Aaron Swartz era sotto indagine per aver distribuito informazioni: pubblicazioni scientifiche, sapere, messo a disposizione di tutti invece di rimanere un privilegio di pochi.

Tutto questo naturalmente non dimostra alcunché rispetto al caso specifico delle email (private e privatissime) degli attivisti del movimento di Beppe Grillo che sono state diffuse in Rete. La corrispondenza personale é tutelata dalle leggi, in molti paesi occidentali anche dalla Costituzione, e in quasi nessun caso e per quasi nessuna ragione si possono trovare argomentazioni valide a sostenere che sia di pubblico interesse conoscerne il contenuto: non stiamo parlando delle missive inviate da un dittatore alle sue squadre della morte, ma di informazioni del tutto personali scambiate tra privati e onesti cittadini.

Due considerazioni tuttavia si impongono. Proprio in virtù della vocazione alla Rete professata dai cosiddetti grillini, sarebbe opportuno che il loro movimento si mostrasse più avvezzo e consapevole dei limiti e capacità effettive della Rete . Denunciare la sparizione di un hard disk come simbolo di un tentativo di ostacolo politico lascia intendere che le informazioni su quel disco non fossero cifrate. Utilizzare strumenti in chiaro quali caselle email gratuite fornite da un provider estero per le proprie comunicazioni contenenti materiale privato sensibile e politico induce a pensare che non sia compresa la effettiva vulnerabilità di uno strumento che si limita a veicolare informazioni attraverso una rete a sua volta aperta e in chiaro.

Non si può pensare di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati: le informazioni carpite e diffuse dai cosiddetti “hacker del pd” rimarranno in Rete per moltissimi anni, e a nulla o quasi nulla serviranno le richieste di oscuramento e le azioni di un magistrato per tentare di impedirne la distribuzione. Chi fosse davvero interessato a scovare le email degli onorevoli stellati non si fermerà di certo davanti a un semplice blocco DNS aggirabile in pochi secondi, senza contare che sui circuiti P2P già circolavano tutti gli archivi in questione pochi minuti dopo la diffusione della notizia.

In secondo luogo, l’unico risultato effettivo conseguente la richiesta e la disposizione di un blocco a un sito presente in Rete é la censura : con la approssimazione tecnologica di cui é capace l’ordinamento legislativo di una nazione, che si confronta con un fenomeno globale e privo di confini, un blocco attuato per impedire a un singolo rivolo di un enorme fiume di scorrere sui browser italiani impedisce di fatto di poter attingere a tutte le altre informazioni contenute in quel sito. Informazioni che potrebbero essere del tutto lecite e che potrebbero essere di pubblico interesse, ma che finiscono loro malgrado in un circolo vizioso censorio.

Un Paese, e qualunque forza politica di qualsiasi schieramento, che proponga strumenti del tipo volto a ridurre e limitare la circolazione di informazioni e idee tra i suoi cittadini é un Paese in cui la sovranità del popolo risulterà inevitabilmente menomata . Soprattutto se tali misure vengano introdotte in fase preliminare di un’indagine, senza che sia stata offerta a nessuno la possibilità di entrare nel merito del perché certe informazioni abbiano il diritto o meno di rimanere a disposizione di tutti.

La contraddizione evidente nel caso delle email degli attivisti grillini diffuse indebitamente in Rete, fatto grave e di cui non si discute la illegalità, é la reazione avuta dal movimento e il suo comportamento rispetto alla questione tecnologica. La Rete che dovrebbe servire ai cittadini per esercitare la democrazia diretta si scopre imperfetta e censurabile, un sito (qual é par-anoia ) che ospita le informazioni diffuse a opera degli hacktivisti di Anonymous finisce bloccato a livello DNS per tutti i cittadini italiani al solo scopo di tranquillizzare la vittima di una invasione della privacy: ma tutte le altre informazioni presenti su quel sito, che fine faranno?

Esercitare la democrazia diretta attraverso la Rete, come dimostra il caso degli “hacker del pd” (e senza dimenticare anche gli altri “hacker” che avrebbero impedito il corretto svolgimento del primo turno delle quirinarie), non é un compito semplice e immediato: Internet é un imperfetto strumento dell’uomo che necessita di una notevole dose di lavoro e impegno dei suoi utilizzatori per poter garantire protezione ai propri dati che transitano su server e canali che non sono sicuri e affidabili di per sé.

Non siamo un Paese, e non abbiamo ancora gli strumenti tecnici e culturali necessari, che possa permettersi il lusso di tagliare la carta (e tutto ciò che della “vecchia” società questa rappresenta) e dirigersi a tutta velocità verso il “nuovo” che albergherebbe in Rete. Votare con schede e urne resta ancora uno degli strumenti più sicuri per garantire la bontà di un’elezione, e per usufruire consapevolmente dello strumento tecnologico occorre un livello di competenza che non é alla portata oggi del cittadino comune.

Raccomandare agli onorevoli, tutti quanti, la massima cautela quando decidano di utilizzare la Rete per veicolare le proprie informazioni é a quanto pare un’azione non priva di importanza. Ne consegue che occorre anche continuare a tentare di spiegare a loro l’importanza e il peso di certe richieste e proposte, le implicazioni di certe leggi che qualche anno fa sono state introdotte in Italia (uno dei pochi paesi definibile “democrazia occidentale” che preveda nel suo ordinamento la censura di interi siti Web ), i risvolti che un approccio censorio più o meno consapevole possono manifestarsi nel futuro di una nazione.

Se crediamo davvero alla possibilità che la spinta della Rete sia in grado di garantire un cambiamento positivo della Società, é necessario tenere un approccio laico e alfabetizzato al suo impiego: la risposta non é Internet, la Rete é solo uno strumento con cui mettere in pratica le soluzioni e le risoluzioni che l’umanità decida di adottare per migliorare la comunicazione e lo scambio di idee e conoscenze tra gli individui. La Rete é uno strumento sui costruire altri strumenti (aperti e perfettibili) per tentare di cambiare lo status quo che fino a oggi ha reso il mondo il posto che é: quali saranno questi strumenti e come funzioneranno é ancora una volta una questione umana che andrà ancora discussa nei prossimi anni, auspicabilmente anche nei Parlamenti ma soprattutto anche altrove, allo scopo di metterli a disposizione della popolazione di nazioni cablate e dotate di una cultura informatica e sociale in grado di permettergli di esercitare i propri diritti di controllo e rappresentanza in modo democratico e consapevole.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
6 mag 2013
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