Roma – C’era una volta la pubblicità. C’era, già. Perché ora la pubblicità online si avvia ad una prossima definitiva sublimazione in un altro stato dell’essenza. I banner, gli spot virtuali, sono ormai rantolanti strumenti di promozione che gli utenti non vedono più, sui quali nessuno clicca e che costano sempre meno, talmente poco da far dubitare che siano utili.
La fase transitoria è già cominciata, è quella fase in cui i banner diventano più grandi, in cui la pubblicità invade le home page dei siti, mentre si restringe lo spazio dei contenuti per consentire l’espansione delle dimensioni della pubblicità stessa. I siti delle comunità online si tappezzano di link utili tra un bannerone e l’altro, quelli di informazione costruiscono news che girano attorno a lenzuoli pubblicitari interattivi sempre più sofisticati e sempre più grandi, che non si possono non vedere. Ed è questa la loro ultima spiaggia.
Quanto può durare? Per quanto tempo gli utenti saranno disposti a navigare su siti che offrono servizi conditi di così tanta pubblicità lampeggiante da lasciare ben poco spazio, visivo ma anche psicologico, a tutto il resto?
Quando lo IAB, l’istituto che si occupa di queste cose a livello internazionale, ha approvato i nuovi standard per la pubblicità online, ha ufficializzato quello che da tempo era nell’aria, cioè che la pubblicità online si appronta a compiere una muta epocale. Come i serpenti, lascerà ai ricordi una pelle che non serve più e tornerà a strisciare sul Web in modo nuovo.
La pubblicità online sarà ben più invasiva di quella attuale perché costituirà la natura di molti servizi, le news saranno proposte pubblicitarie palesemente travestite, e la vendita di prodotti e servizi sarà la scusa per qualsiasi abiezione, apparentemente inevitabile. La pubblicità intesa come spot non servirà più, saranno i prodotti a fare notizia.
Con mia grande sorpresa mi scopro già a rimpiangere il buon vecchio banner in cima alle pagine di tutti i siti…