La truffa dell'advertising invisibile

La truffa dell'advertising invisibile

Banner che valgono denari sonanti ma che non vengono mostrati all'utente. Il rimedio? Meno intermediari e un nuovo modello per la pubblicità online
Banner che valgono denari sonanti ma che non vengono mostrati all'utente. Il rimedio? Meno intermediari e un nuovo modello per la pubblicità online

Secondo quanto scoperto da Ben Edelman e poi riportato dal Wall Street Journal , una truffa dai contorni ancora non ben definiti sta abusando dei meccanismi di advertising sul web per far collezionare guadagni illeciti ai suoi fautori. I banner non vengono visualizzati nei browser , ma gli inserzionisti finiscono per pagarli comunque.

L’advertising online acquista sempre maggior importanza sul mercato complessivo, mentre contemporaneamente cresce l’abuso da parte dei cyber-criminali anche attraverso sistemi di truffa innovativi . Edelman sostiene che le pagine web coinvolte nell’operazione “banner invisibili” farebbero uso di codice utile a nascondere gli ads per gli utenti, ma mettendoli comunque nel conto da presentare a chi paga, con siti quali MyToursInfo.com e MyProfilePimp.com a fare da protagonisti nella truffa.

Truffa di cui, scrive il WSJ, non si conosce ancora l’estensione precisa né il danno effettivo provocato, e la cui crescita si spiega anche con il fatto che gli inserzionisti tendono spesso a calcolare il costo degli ads dal numero di volte in cui questi vengono mostrati piuttosto che dal numero di click effettivi da parte degli utenti.

Un altro fattore colpevole di aggravare l’abuso è la crescente dipendenza dei professionisti dell’advertising dai middle-man e dagli “ad network”, piattaforme su cui si acquistano spazi pubblicitari a prezzi contenuti spalmandoli su migliaia di siti che agli occhi degli inserzionisti rimangono anonimi. Non sempre, su questo genere di network, viene messo fuori dalla porta chi prova a fare il furbo come nel caso in oggetto.

Le misure utili a difendersi da questo genere di truffa prevedono infine da un lato il calcolo degli ads da corrispondere basandosi non solo sulle “impression” ma anche sui click effettivi, mentre dall’altro viene evocata la necessità di un rapporto più stretto tra chi i banner li fornisce e chi poi li pubblica sullo spazio web di sua proprietà .

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
13 ott 2009
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