Roma – Il Direttivo della Free Software Foundation ha spalancato le porte ad un nuovo membro, un vero “guru” per tutti i sostenitori del software libero e non solo: è Lawrence Lessig , ordinario di Diritto alla Scuola di Giurisprudenza di Stanford e studioso dei complicati meccanismi giuridici economici legati al copyright.
La presenza di Lessig al fianco di maestri della programmazione aperta come Stallman , Sussman e Knauth, incide sulla forza giuridica di FSF: il professore – già impegnato con EFF e Creative Commons – è un esperto giurista al servizio di GNU per affermare la totale validità legale della General Public License , corroborata peraltro da una recente vittoria presso il tribunale di Monaco di Baviera.
Sale così il numero di “condottieri” incaricati di difendere la Free Software Foundation dalle minacce legali piovute sul software libero : Lessig darà man forte ad un altro esimio accademico, Eben Mogle , professore di Diritto alla Columbia University .
Ne nasce una nuova FSF, più carica socialmente e dotata di un sempre più ampio spettro culturale. Grazie all’apporto di Lessig, è stato aggiunto un nodo di connessione tra il progetto di libertà informatica di Stallman e la lotta per la libera condivisione dei saperi. GNU acquisisce un corpus culturale ed ideologico che potrebbe farne una ancora più fresca e dirompente novità nel panorama culturale internazionale.
Lawrence Lessig non è soltanto un abile giurista impegnato nella ridefinizione del concetto di copyright. È un attento osservatore delle dinamiche della società delle reti e conta numerose presenze all’interno della sfera pubblica americana ed internazionale. Collabora con Wired ed è una figura di spicco dell’intero panorama internet, appartenendo a quel gruppo così frastagliato ed eterogeneo di intellettuali che stanno caratterizzando le ultime battute dello svolgimento socio-culturale postmoderno.
Con l’entrata di Lessig in FSF, il suo bagaglio culturale si rifletterà sicuramente sulle azioni dell’organizzazione nata nel 1984. Un bagaglio estensivo ed interessante, cominciando dalla sua ultima pubblicazione, “Free Culture” .In questo volume, liberamente consultabile online e protetto da licenza Creative Commons , Lessig afferma che al momento “viviamo in una cultura taglia&incolla permessa dalla tecnologia”.
Il titolo e le modalità di consultazione di questo e-book (disponibile ovviamente anche in versione cartacea, pubblicato da The Penguin Press ) esplicano in nuce un dibattito cruciale dei nostri tempi: è possibile raggiungere un giusto mezzo tra la protezione e la tutela delle opere intellettuali e la liberalizzazione dei saperi al fine di una solidaristica ed equa progressione collettiva verso l’innovazione?
Analizzando numerosi aspetti della società di massa e dell’informazione, Lessig ribadisce che ogni singola innovazione costituisce un mattone per una successiva costruzione di sistemi sempre più efficienti, sia che si tratti di televisione, sia di editoria, sia di informatica.
Il pensiero di Lessig si sofferma sulla ridondanza deleteria e lungimirante che l’eccessiva tutela del copyright può avere sul futuro. La digitalizzazione dei saperi implica un significativo incremento di azioni legali condotte da monopoli culturali-tecnologici (che detengono i diritti sulle stesse modalità di fruizione della conoscenza) per tutelare i propri interessi, facendo implodere la sfera della cultura pubblicamente e liberamente disponibile.
Apportando l’esempio della musica condivisa sulle reti P2P, Lessig ipotizza che si potrebbe raggiungere il compromesso tra necessità degli autori e libertà d’uso attraverso l’introduzione di un fondo comune, finanziato dagli stessi utenti e destinato agli artisti danneggiati dalla pirateria.
Tuttavia, la macchinosità politica di un simile espediente rende questa idea lontana da ogni applicazione pratica. Quale soluzione per il problema della pirateria e per l’applicazione dei diritti d’autore? Ai posteri l’ardua sentenza: già, perchè i lavori di Lessig potranno – in perfetto spirito open source – costituire le fondamenta per una prossima teorizzazione sociale, a 360° , che tenti infine di risolvere il divario tra grandi produttori ed utenti finali. Chi potrebbe augurarsi che non riesca nell’impresa?
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