L'IT rende ricchi i ricchi e poveri i poveri

L'IT rende ricchi i ricchi e poveri i poveri

L'aumento del gap mondiale tra ricchi e poveri non è colpa della sola globalizzazione. Nuova, bizzarra?, teoria esposta in un convegno economico sui mali del mondo voluto dal Fondo Monetario Internazionale
L'aumento del gap mondiale tra ricchi e poveri non è colpa della sola globalizzazione. Nuova, bizzarra?, teoria esposta in un convegno economico sui mali del mondo voluto dal Fondo Monetario Internazionale

Il mondo verrà salvato dai luddisti in salsa hi-tech. O almeno questa è l’ipotesi che sparano i potentati economici internazionali per mezzo del loro megafono principale, il Fondo Monetario Internazionale . L’organizzazione delle Nazioni Unite, già aspramente criticata per le sue politiche, tenta di chiamarsi fuori dal gioco e accusa, nero su bianco, il progresso tecnologico come la motivazione ultima delle perduranti condizioni di disuguaglianza tra i popoli del pianeta .

Nel lavoro World Economic Outlook for 2007 l’FMI va oltre la vecchia idea delle macchine come responsabili della disoccupazione, dei bassi salari e della povertà, sostenendo che “Il progresso tecnologico da solo spiega quasi tutto l’aumento delle ineguaglianze dai primi anni ’80”. L’istituzione fa dunque propria la posizione di una star della musica pop tecnofobica ma che vende su iTunes , addossando le colpe dei mali del mondo agli utenti attivi di PC, a Microsoft e ai sysadmin di server Linux .

E la globalizzazione dei capitali sfuggenti e della produzione che ha permesso di svendere la manodopera nei paesi asiatici? “L’aumento della globalizzazione finanziaria – dice ancora il Fondo – ha avuto certamente un ruolo nell’aumento delle disuguaglianze, ma al contrario delle credenze popolari, l’aumento dei commerci globalizzati è associato con un declino delle disuguaglianze”. Se solo ci aveste lasciato lavorare in pace senza mettere di mezzo la società dell’informazione, suggeriscono dall’importante istituzione, ora il mondo sarebbe migliore e più giusto.

La motivazione alla base delle gravi colpe dell’IT è il prezzo generalmente alto pagato per le competenze nel settore , e il fatto che la sua crescita non faccia altro che premere per l’aumento della domanda di lavoratori specializzati e adeguatamente formati.

“In altre parole – si legge in un pittoresco articolo di The Register – la gentaglia sopra-pagata dell’IT con i suoi sistemi, i network eccetera, stanno togliendo il pane dalle bocche dei poveri ma onesti addetti agli schedari, alle stamperie, ai segnalatori con la paletta-semaforo, agli addetti ai call-center, ai dirigenti delle major del disco e via di questo passo. L’IT, la macchina a motore, gli attrezzi economici, le nuove droghe – è tutto malvagio e disgiuntivo, e promuove la guerra, la ribellione e il conflitto. I grandi business globali di traffico nei cari vecchi materiali come le merci – tipo miniere, business agricoli – questa gente è vostra amica”.

Una prospettiva assurda che prova a seguire a ritroso nel tempo Clive Crook, “testa d’uovo formata in discipline economiche a Oxford” nelle parole del Reg , che per il Financial Times scrive uno dei pochi articoli apparsi sulla stampa finanziaria a mettere in evidenza la presa di posizione dell’FMI. “Ned Ludd aveva ragione”, scrive Crook, “Il mondo è andato un po’ troppo in là col progresso e le conseguenze si vedono tutte”.

Per ripristinare i cari vecchi tempi in cui le nuove tecnologie, l’istruzione, l’avanzamento scientifico e il proliferare di Internet non ponevano una seria minaccia alle magnifiche sorti e progressive di una umanità globalizzata e prospera , Crook suggerisce alcune semplici ma efficaci ricette: “La tassazione punitiva è un non-senso – scrive la testa d’uovo – Includete una soprattassa sugli scienziati e gli ingegneri. Restringete l’educazione post-diploma ad arti, scienze umanistiche e legge”.

Buon ultimo, Crook suggerisce come ciliegina sulla torta di “Smantellare tutte le protezioni legali della proprietà intellettuale”. Una misura estrema persino in un quadro assurdo come quello ipotizzato sarcasticamente dall’esperto, ma perfettamente in linea con l’approccio espresso dall’FMI nei confronti dei beni immateriali che costituiscono la fonte di sviluppo e commercio fondamentale della società dell’informazione.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
24 ott 2007
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