Lo spam lo riconosci dall'opt-out

Lo spam lo riconosci dall'opt-out

Botta e risposta con un lettore che si vede invaso dalle email non richieste. Checché se ne dica in Europa, l'opt-out è spam. Ecco perché
Botta e risposta con un lettore che si vede invaso dalle email non richieste. Checché se ne dica in Europa, l'opt-out è spam. Ecco perché


Roma – Venerdì me ne sono arrivate più del solito e ho così deciso di scrivervi. Parlo delle lettere di posta elettronica inviate al sottoscritto da gente che si ostina a riempirmi la casella.

Vi faccio un breve elenco del tipo di cose che raggiunge la mia mailbox senza che io lo abbia mai richiesto (tra l’altro mi arrivano anche su un indirizzo che non utilizzo se non con alcune – poche – persone di mia conoscenza):

1. Newsletter bimestrale su marketing e comunicazione
2. Annuncio di nuove offertissime per l’acquisto di PC
3. Listino prezzi vantaggiosissimi di una tipografia
4. Email bufala, di quelle di cui parlate qui su PI (e infatti non ci ho fatto molto caso, e ho avvertito chi me l’ha mandata del granchio che ha preso)
5. Annuncio erotico “proibitissimo” per un sito porno
6. Offerta in dollari per l’acquisto di non so quanti milioni di indirizzi email
7. Proposta di stampare e imballare CD “a prezzi mai visti” (!!)
8. Annuncio di raccolta fondi per una tipa di Siracusa (?)

Queste sono solo alcune delle lettere che mi sono arrivate in questi giorni. Ora, io capisco che c’è uno dei due indirizzi che ho che sia bersagliato da questa gente perchè magari appare su qualche newsgroup o in qualche mailing list (anche se lo uso anche lì molto di rado). Non capisco però come cavolo facciano ad arrivarmi sull’altro indirizzo (che ho su un provider di Free Internet).

Ma non è neppure questo. Vi ho infatti scritto per chiedervi se secondo voi una email che arriva senza che io l’abbia chiesto, che ha chiari scopi commerciali (tipo “compra”, “acquista”, “clicca” o “cliccami”) e che come a me è stata inviata a tanti (almeno credo) sia da considerare spam, che per me vuol dire spazzatura.

Premetto che molti di questi messaggi offrono la possibilità di cancellare il proprio indirizzo dalle newsletter (le chiamano così).

Grazie per quello che fate. Cordiali saluti

Tommaso Di Santandrea
(per contattare Tommaso scrivere alla redazione


Ciao Tommaso,

nei giorni scorsi con la scelta di Bruxelles di lasciare ai singoli paesi ogni decisione in merito all’opt-out, anche l’Europa ha deciso di appoggiare quello che a tutti gli effetti va classificato come spam: cioè l’invio di una email commerciale o propagandistica ad un utente che non l’ha richiesta esplicitamente.

Il fatto che all’interno di quelle email sia “offerta” la possibilità di cancellare il proprio indirizzo dalla mailing list di chi l’ha inviata non cambia la situazione. Anzi, qualsiasi esperto dell’antispam ti suggerirebbe di non rispondere mai ad uno spammer per chiedere di cancellare il tuo indirizzo: gli forniresti infatti soltanto la conferma che quell’indirizzo email esiste e viene utilizzato. E finiresti per ricevere ancora più posta elettronica indesiderata.

Questo diabolico meccanismo deve purtroppo ancora essere recepito con la dovuta chiarezza nelle leggi italiane sulla privacy, unico “baluardo”, se così si può chiamare, contro una quantità di abusi che soprattutto in rete prendono di mira gli utenti. Baluardo di certo non sufficiente, come dimostrano le nostre intasatissime mailbox.

L’opt-out, ovvero la possibilità di non ricevere più email da certi spammer, che alcuni di loro propagandano all’interno delle email spammatorie, è un meccanismo che talvolta viene abbracciato da uomini marketing senza scrupoli ma che non ha alcuna giustificazione.

Come mi ha recentemente scritto Steve Linford, forza motrice del gruppo antispam Spamhaus : “Opt-out e spam sono la stessa cosa, non c’è differenza. Opt-out è il sistema che abbiamo già da anni, ed è la causa dello
spam. Chi manda spam oggi lo fa dicendo: Io ti mando tutto lo spam che voglio, a tue spese, finché tu non fai come dico e di nuovo a spese tue mi preghi di togliere uno dei tuoi 5 indirizzi dalla mai lista, lista che ho gia venduto ieri ad altri 50 spammer.”

Senza voler entrare in argomenti pure importanti come il fastidio di vedersi riempire la mailbox, l’oscenità contenuta in messaggi che non vorremmo far vedere ai nostri bambini e altro ancora, rimane infatti il problema del costo.

L’opt-out per l’utente e per i provider che gestiscono mail server usati dai propri clienti rappresenta un costo per ogni singola email. Ed è evidente che fino a quando lo spammer non sarà in grado di coprire questo costo, per i provider e non solo per gli utenti il meccanismo dell’opt-out rimarrà una scelta impossibile (anche se parrebbe che vi sia almeno una eccezione ).

Per giudicare, d’altra parte, basta guardare ai numeri. E’ stato calcolato che se anche solo l’uno per cento delle aziende europee inviasse una unica email spammatoria agli utenti internet europei, tutti noi occuperemmo dalle 5 alle 6 ore per cancellare lo spam dalla nostra mailbox. Se poi pensassimo ad una email all’anno per ogni sito internet anche solo italiano e ci aggiungessimo qualche partito politico perderemmo probabilmente, e semplicemente, l’uso della posta elettronica. (Su questo le previsioni sono fosche: secondo MessageLabs tra virus, worm e spam nel 2010 si rischia il collasso).

Dunque è senz’altro evidente, volendo sintetizzare, ma per capirci, che l’invio di migliaia di email non richieste dai destinatari (la cosiddetta “bulk email”) è un’operazione di spam, che ingolfa la rete ed estrae soldi dal portafoglio altrui. Che poi all’utente sia data una possibilità per evitare successivi invii è troppo spesso una trappola, una tecnica di guerrilla marketing (leggi il bellissimo commento di Simonetta Zandiri Crisi online? Tempo di Guerrilla Marketing ) perché possa essere considerato “un diritto”…

La risposta è dunque sì, non c’è dubbio che l’opt-out sia classificabile come spam a tutti gli effetti. Quando si riceve è buona norma ricorrere, laddove possibile e dove attivo (cosa purtroppo tutt’altro che frequente), all’abuse del provider presso il quale il sito pubblicizzato o il mittente dell’email trova ospitalità per i propri servizi.

Un saluto,

Paolo De Andreis

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Pubblicato il
27 nov 2001
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