Roma – Pochi giorni fa si è riportato dell’intenzione di Universal di introdurre sul mercato americano il suo primo CD protetto dalla copia: la colonna sonora del film “The Fast and the Furious”. Una notizia rilevante visto che si tratta della prima grossa etichetta ad aver preso questa decisione in USA.
Con l’inizio della distribuzione di questi CD sul mercato, ieri sono emersi nuovi ed interessanti dettagli sul tipo di protezione adottato da Universal.
Il colosso discografico, primo al mondo, ha deciso di adottare per il suo nuovo CD una forma di protezione ibrida di cui si era parlato qualche tempo fa . Il compact è in pratica suddiviso in due parti: una contenente le tradizionali tracce audio protette con la tecnologia Cactus Data Shield e riproducibili, almeno in teoria, su qualsiasi lettore di CD audio (ma non computer, DVD o console da gioco); ed una contenente le stesse tracce in formato compresso, riproducibili esclusivamente da un player software contenuto sullo stesso CD.
I brani in formato compresso sono contenuti in un unico file con estensione “CDS” che non può essere riprodotto con nessun altro player all’infuori di quello contenuto sul CD.
A fare un poco di luce sul mistero legato al formato di questo file c’è la licenza del CD, in cui si trova scritto che i brani digitali sono stati compressi utilizzando LAME, un noto codificatore MP3 open source. Il formato del file, però, non è in standard MP3 e dunque risulta illeggibile ai tradizionali player.
Stando alle istruzioni allegate al CD, il player distribuito in bundle può funzionare solo con i sistemi operativi Windows: gli utenti di altri OS, ed in particolare la non trascurabile percentuale di utenti Mac e Linux, rimangono dunque a bocca asciutta.
“Il nostro scopo è quello di collaborare da vicino con la comunità dei rivenditori nel combattere la copia illegale dei compact disc”, ha asserito Jim Weatherson, vice presidente esecutivo di Universal. “Noi condividiamo le vostre preoccupazioni (quelle dei rivenditori, NdR) ed in risposta siamo lieti di essere la prima azienda a lanciare una campagna per fronteggiare questo esplosivo e dannoso trend”.
Ma ai consumatori la soluzione adottata da Universal appare più come un “contentino” simbolico che un vero sforzo di volontà per venire incontro alle loro esigenze.
La soluzione di includere su di un singolo CD tracce audio tradizionali e tracce in formato compresso era già stata proposta da diverse aziende che sviluppano tecnologie anti-copia. Fino ad oggi, però, le etichette hanno preferito sperimentare la vendita di musica in formato compresso attraverso i network di file sharing come Music City.
Con questi CD ibridi Universal spera di risolvere almeno in parte il problema sollevato da una fetta di utenti, coloro che chiedono di poter ascoltare i brani acquistati anche su computer, di poterli copiare su hard disk e di poterli portare sui player portatili di MP3. Tutte operazioni che, crack a parte, la tecnologia Cactus di Midbar rende teoricamente impossibili. Che poi una minoranza di “smanettoni” sia in grado di aggirare le protezioni – sostengono alcuni avvocati dei consumatori – questo non cambia lo stato delle cose e, soprattutto, è illegale.
Il vero problema, secondo diversi osservatori, è che la maggioranza degli utenti, e tutti coloro che vogliono stare nella legalità pur non rinunciando ai propri diritti di consumatore, non ottengono grandi vantaggi dalla soluzione adottata da Universal. Il fatto stesso che il player sia disponibile solo su piattaforma Windows ed il formato adottato non sia compatibile con i player portatili di MP3, non sembra infatti costituire un grande passo avanti rispetto ad un CD non copiabile.
Per il momento non è ancora chiaro cosa significhi la sigla “CDS” che contraddistingue il nome del file compresso. Banalmente, si potrebbe ipotizzare che stia per le inziali della tecnologia Cactus Data Shield: questo lascerebbe anche supporre che il formato del file non solo non sia standard, ma possa essere stato codificato con una speciale versione della tecnologia anti-copia di Midbar. Sarebbe poi interessante sapere anche a quale bit-rate, ovvero con quale qualità, Universal ha compresso le tracce audio “alternative”.
Per molti utenti che frequentano i forum di Punto Informatico non sembrano esserci molti dubbi sul fatto che qualunque metodo l’industria utilizzi per proteggere la propria musica, questo verrà prima o poi superato. E se la protezione è affidata ad un software, come nel caso dei brani compressi di Universal, l’arrivo di un crack capace di riversare quella musica sull’hard disk in puro formato MP3 potrebbe essere questione di poche settimane.
“Se questi sono i metodi con cui l’industria discografica intende risolvere il problema della pirateria – si legge su di un gruppo di discussione americano – è probabile che un buco nell’acqua avrebbe più probabilità di riuscita”.