Stanford (USA) – Per realizzare il loro studio hanno analizzato 50 università e il 34 per cento di queste ha confermato di aver chiuso agli studenti l’accesso a Napster, il sistemone che consente di scambiare file musicali. La ragione è principalmente sempre la stessa: l’uso intensivo del file-sharing riduce la banda disponbile per le altre attività telematiche degli studenti e dei docenti.
Stando agli esperti del Gartner Group che hanno realizzato lo studio, alcuni dei più importanti atenei americani hanno comunque deciso di tenere aperto “il rubinetto”. In particolare “fanno rumore” le scelte di Harvard, Stanford e della Columbia University. E persino Hank Berry, neoCEO di Napster, ha voluto esprimersi in una nota sostenendo che l’azienda è felice che due-terzi delle università abbiano deciso di consentire l’accesso al sistema di file-sharing.
Va detto che proprio grazie agli studenti universitari americani e all’uso che ne hanno fatto fin dall’inizio, Napster è diventato punto di riferimento per milioni di utenti, prima negli States e poi in tutto il Mondo, come colossale “banca dati” “contenente” centinaia di migliaia di file musicali.
Al Gartner hanno comunque spiegato che ci sono molti dubbi in tutte le Università sull’opportunità di autorizzare o meno l’accesso a Napster. Con l’inizio del nuovo anno accademico, ormai incombente, non è escluso che un numero maggiore di atenei decida di chiudere la porta a Napster a causa dei problemi tecnici che può sollevare ma, ancora di più, dei noti problemi giuridici.
Intanto, il prossimo 2 ottobre per Napster inizia la nuova serie di udienze in tribunale che ne decideranno il futuro. Come noto, il sistema è accusato dalle majors della musica di favorire la pirateria.