Perdere lo stipendio di due mesi e vedersi la carriera sostanzialmente rovinata per una consulenza come esperti di guerra e operazioni speciali sul campo a una società di videogiochi: è quanto successo ai membri del famigerato Team Six , gruppo di élite dei Navy SEAL (Sea, Air, and Land Teams) statunitensi i cui componenti hanno partecipato allo sviluppo del titolo Medal of Honor: Warfighter .
Lo sparatutto in prima persona di Electronic Arts – non particolarmente apprezzato da critica e pubblico – si è infatti giovato della consulenza (pagata) di sette membri del Team Six tuttora in servizio e di altri quattro ex-combattenti. I membri attivi contavano anche uno dei protagonisti del raid notturno che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden.
Venuto a sapere della consulenza dopo la pubblicazione di No Easy Day (e la successiva audizione interna), il Dipartimento della Difesa (DoD) USA ha deciso di sanzionare i membri del Team Six per la loro collaborazione con EA tagliando loro due mensilità e compromettendone la carriera (in maniera sostanzialmente irrimediabile) con note di demerito individuali.
La colpa dei SEAL? Aver lavorato per la software house – fornendo informazioni di prima mano sulle operazioni militari, le tattiche, le strumentazioni e quant’altro – senza prima aver chiesto (e ottenuto) il permesso al DoD, un requisito evidentemente essenziale per quei membri dei corpi speciali che intendessero collaborare con i civili e i professionisti dell’intrattenimento (videogiochi o cinema, fa lo stesso).
I quattro SEAL non più attivi sono tutt’ora sotto indagine, mentre i sette sanzionati non avranno più modo di far avanzare la loro carriera dopo i richiami ricevuti. Nel ribadire la gravità della situazione, il contrammiraglio Garry Bonelli (vice-comandante del Naval Special Warfare Command) dice che la Marina USA “prende molto sul serio gli accordi di non divulgazione firmati dai militari e la fedeltà agli articoli del Codice di Giustizia Militare”.
Alfonso Maruccia