Non sono una parte del tuo inventario

Non sono una parte del tuo inventario

di M. Mantellini. Gnutella, Freenet, Freedom... Forse è ora di smettere di considerare alternativi sistemi che stanno cambiando il volto di internet. Checché ne dica la new economy
di M. Mantellini. Gnutella, Freenet, Freedom... Forse è ora di smettere di considerare alternativi sistemi che stanno cambiando il volto di internet. Checché ne dica la new economy


Web – La foto mostra una bimba con le lentiggini con lo sguardo rivolto a terra. Un codice a barre stampato in fronte. Nell’altra parte dell’immagine si vede uno spazio aperto, un istante prima del temporale in una landa desertica.

Questa immagine, bellissima, la potete trovare nella front page di Zero Knowledge(1), la società che produce Freedom, un programma che consente di navigare sul web attraverso la protezione di una serie di server a tutela del proprio anonimato. Sulla foto sono stampate alcune parole, come se la bimba le stesse pronunciando. Non serve tradurle dall’inglese, dicono: “I am not a piece of your inventory”.

Proprio in questi giorni iniziative simili a quelle di Zero Knowledge si stanno moltiplicando. Mentre Freenet, il sistema di navigazione peer to peer inventato da un giovane irlandese di nome Ian Clarke che consente di rendere disponibili online dati di qualunque genere nel più completo anonimato, approda sulle pagine del New York Times (2), i programmatori di Gnutella (3), software decentrato che consente la condivisione di files di qualsiasi genere fra utenti con un sistema simile a quello utilizzato da Napster per gli mp3, hanno reso disponibile la preview del loro motore di ricerca,
basato sulla medesima architettura di Gnutella, chiamato Infrasearch(4). Infrasearch consentirà, dicono, di compiere ricerche in rete al di fuori dei normali sistemi di indicizzazione testuale, tipici dei più noti motori di ricerca che tutti quanti utilizziamo normalmente.

Cosa dobbiamo pensare di tutto ciò?

La prima cosa che mi pare evidente è che sia necessario smettere di considerarli fenomeni marginali e di opposizione. L’attenzione per gli sviluppi di software che rimettono nelle mani degli utenti della rete il controllo dell proprie azioni, è ormai talmente forte che non può non stare a dimostrare un crescente fastidio per la trasformazione di Internet in un gigantesco apparato da marketing e di vendite a domicilio.

E ‘ curioso registrare, nei giorni in cui cominciano a vacillare alcune delle sacre certezze sul futuro luminoso dell’e-commerce, la grande attenzione che ricevono tecnologie che direttamente si oppongono alla visione di Internet come di un enorme mercato planetario.

“Non sono una parte del tuo inventario”. Quella che è stata considerata per molto tempo una fissazione di pochi è oggi un “comune sentire” molto diffuso online. Quanto ciò sia reale è del resto dimostrato anche dagli accordi commerciali che si stanno sviluppando attorno alle nuove tecnologie di tutela della privacy online. Zero Knowledge stringe legami con IBM; alla progettazione di Infrasearch sta collaborando niente meno che il gruppo storico dei programmatori di Netscape, con in testa Marc Andreessen stesso, alla guida di una nuova società chiamata Loudcloud (5). Il progetto opensource di Gnutella sta subendo accelerazioni impensate e, c’è da crederlo, altri a questo si aggiungeranno.

Sull’altro versante invece, come è ovvio, le preoccupazioni aumentano. Gli spettri agitati sono sempre gli stessi. L’associazione dei discografici americani, per esempio, afferma esplicitamente da tempo che l’anonimato in rete deve essere ridotto poiché esso consente di compiere azioni criminali. L’attività di lobbying per leggi più severe che consentano di perseguire efficaciemente quanti violino il copyright e la proprietà intellettuale online, è ai massimi livelli. Le associazioni dei genitori cattolici ne approfittano per richiamare l’attenzione sugli irrisolti problemi dei contenuti osceni su Internet e sulla necessità di una loro limitazione drastica. I governi sono del resto genericamente propensi ad aumentare le capacità tecniche di controllo sulla attività dei cittadini su Internet. E allora?

La sensazione è che tutto questo parlare si stia trasformando in brusio indistinto, mentre Internet, come nelle previsioni dei suoi più vecchi navigatori, trova ancora una volta la maniera di riguadagnare un minimo di equilibrio nei confronti di quanti avevano in animo di trasformarla in qualcosa d’altro. Qualcosa di incommensurabilmente più piccolo, qualcosa di più povero.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
2 giu 2000
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