Pakistan, in galera per un SMS

Pakistan, in galera per un SMS

Diffondere barzellette sul Presidente Zardari attraverso brevi messaggi di testo o email è reato. La pena? Fino a 14 anni
Diffondere barzellette sul Presidente Zardari attraverso brevi messaggi di testo o email è reato. La pena? Fino a 14 anni

C’è una barzelletta apparentemente innocua che circola tra i più spiritosi in Pakistan: chiamati all’appello, una classe di spiriti demoniaci risponde comunicando la propria presenza, tranne uno, Asif Ali Zardari. La maestra chiede alla classe che fine abbia fatto e uno dei demoni risponde dal suo banco che “è andato a derubare il Pakistan”. Di freddure così ne circolano a centinaia intorno ad Islamabad, condivise da circa 80 milioni di telefoni cellulari, attraverso 50 milioni di SMS. Ora, tuttavia, uno scherzo del genere potrebbe costare caro, fino a 14 anni di carcere .

Le autorità pakistane hanno, infatti, recentemente varato una nuova legge contro il cybercrime che ha aggiunto alla lista dei reati l’invio di brevi messaggi di testo e di email che risultino indecenti, provocatori e diffamatori nei confronti della leadership del paese o delle forze di sicurezza nazionali. Il Ministro dell’Interno Rehman Malik ha annunciato che sarà la Federal Investigation Agency (FIA) ad avere l’autorità di chiedere a tutti i provider presenti sul territorio di rintracciare e bloccare i messaggi sospetti .

Il testo della legge prevede, oltre al carcere, l’espropriazione di beni da parte del governo e una collaborazione attiva con l’Interpol per l’estradizione dei cittadini del Pakistan che hanno violato le nuove norme dall’estero. Misure molto dure, dunque, per prevenire ogni forma di dissenso, anche spiritosa : “le barzellette, nella cultura politica pakistana – ha spiegato Rasool Bux Raees, politologo alla Lahore University – rappresentano un metodo molto deciso di delegittimazione dei potenti. Storicamente, sono state sempre usate dai poveri e dai deboli contro chi comanda”.

Chi comanda, il Presidente Asif Ali Zardari, è stato criticato aspramente da media locali, blogger e attivisti per i diritti umani che hanno bollato le sue misure come “draconiane e autoritarie”. E non è nemmeno la prima volta che il governo si è ritrovato ad affrontare reazioni del genere: la legge contro i crimini mediati dalla tecnologia ricorda da vicino una precedente legge , volta a punire con la pena capitale attività di cyber-terrorismo, furto di dati e frodi elettroniche.

“C’è nell’aria una rabbia crescente – ha detto Shaneen Buneri, corrispondente dell’agenzia di stampa The Media Line ad Islamabad – soprattutto tra i giovani e nei campus universitari dove vivono ragazzi istruiti e politicamente consapevoli e che, a volte, criticano il loro governo attraverso SMS”. Ora il tecnocontrollo potrebbe far calare il silenzio.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
24 lug 2009
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