Web – Lo avete notato? E ‘ iniziato il processo di beatificazione dei software di file sharing. Non esiste foglio specializzato o rubrica tecnologica di quotidiano che non se ne siano occupati. In ciascuno di questi articoli è possibile leggere che tali programmi restituiscono il controllo all'”utente”, che lo liberano dalla mediazione del web, collegandolo direttamente con la fonte delle informazioni che lo interessano.
Oggi il peer to peer sembra a tutti gli effetti “la next thing” che tutti stavano attendendo. Qualcuno, come Intel, lo ha già dichiarato esplicitamente paragonando con un entusiasmo forse eccessivo la innovazione del P2P a quella portata su Internet dal WWW; altri, come alcune grandi compagnie tecnologiche quali Apple, AOL, Yahoo, Amazon lo hanno fatto indirettamente schierandosi infine a favore di Napster nella vertenza legale che oppone la startup di sharing mp3 alla associazione dei discografici americani. Per evitare che un giudice avventato possa con una semplice sentenza precludere loro redditizi business futuri.
Dando per scontato che in rete di benefattori e di paladini delle cause degli utenti se ne incontrano pochini, queste dichiarazioni di fede dovrebbero lasciarci da pensare.
Aggiungiamo allora qualche altro elemento.
Il progetto Gnutella sembra alla canna del gas: l’evoluzione del software “prelevato” dalla Nullsoft ed autonomamente sviluppato dalla comunità open source sembra una esperienza ormai vicina alla conclusione.
Freenet, la grande idea politica di Ian Clarke, un giovane irlandese che ha avuto l’ingenuità di rilasciare interviste a giornalisti di tutto il mondo sulla carica rivoluzionaria, sulla natura decentrata e criptata del programma da lui ideato che rende impossibile ogni tipo di controllo sulla fonte, la localizzazione e la destinazione dei pacchetti di dati, è stata ampiamente ridimensionata. Il suo stesso inventore è appena migrato in California a partecipare alla fondazione di una startup che si chiamerà Uprizer. Come accade ormai sempre più frequentemente dai tempi della misteriosa fondazione di Transmeta da parte di Linus Torvalds, di Uprizer non è possibile sapere molto più del nome. Con ogni probabilità nemmeno i suoi fondatori sanno quale sarà il suo reale campo di attività. Le scarne notizie disponibili al riguardo dicono che sarà una compagnia di infrastrutture tecnologiche basata sulla piattaforma di Freenet e che si rivolgerà sia al mondo consumer che a quello business. La rivoluzione sembra in ogni caso definitivamente accantonata.
Quello che sembra pacifico è che qualsiasi architettura peer to peer che ci verrà proposta nei prossimi mesi dai soggetti fin quì considerati non sarà pensata dagli utenti per gli utenti, ma si muoverà nella solita prevedibile logica “punto.com”.
E ‘ quindi il caso di lasciar perdere romantiche argomentazioni sul recupero del controllo sulle nostre attività in rete che nessuna startup, tantomeno Uprizer, potrà mai garantire.
Siamo anzi pronti a scommettere che le prossime architetture P2P saranno molto più simili a quella di Napster, Scour o Imesh piuttosto che a quella decentrata di Gnutella o Freenet. La raccolta dei nostri dati che è la vera fonte di sostentamento di qualunque nuova impresa su Internet deve infatti essere tecnicamente possibile, qualsiasi sia il tipo di sharing che si andrà a organizzare.
Ancora una volta si fa leva su di un meccanismo assai utilizzato in rete negli ultimi anni. In cambio di finte nuove libertà (come quella di scaricare un file mp3 dall’hard disk di qualcuno dall’altra parte del globo o come quella, sfruttata qualche anno fa in Italia, di ridurre del 10% il pedaggio per l’accesso alla rete denominando il tutto “Internet Gratis”) i nostri movimenti verranno venduti al miglior offerente.
La nuova grande novità è che tali strumenti di comunicazione P2P continueranno ad essere percepiti da moltissime persone come rivoluzionari per chissà quanto tempo, anche in virtù di una campagna informativa tanto falsa quanto interessata.
Quelli che si vestivano da pirati della filibusta scrivendo piccoli rivoluzionari software di condivisione files hanno capito giù da un po ‘ da che parte tira il vento ed ora si presentano puntuali al lavoro in una qualche silicon valley del pianeta, nel loro fresco di lana d’ordinanza. E tuttavia, appena compare in giro un giornalista, eccoli pronti ad estrarre il chiodo dall’armadio, felici di raccontarsi come i nuovi anarchici dell’era digitale.