Profste.com/Freenet: La vera libertà virtuale

Profste.com/Freenet: La vera libertà virtuale

Si sta diffondendo uno strumento che non solo rischia di rivoluzionare Internet ma anche di dare lo scossone finale ai diritti della proprietà intellettuale. Freenet libera la rete
Si sta diffondendo uno strumento che non solo rischia di rivoluzionare Internet ma anche di dare lo scossone finale ai diritti della proprietà intellettuale. Freenet libera la rete


Web – Può un ragazzo di 23 anni, con la sua tesi di laurea in Intelligenza Artificiale e Informatica alla Edinburgh University (Scozia), scuotere le fondamenta e il modo di pensare Internet che conoscevamo?

Se si pensa al progetto Freenet la risposta è sì.

Sull’argomento si sono già espresse diverse idee, che sottolineano soprattutto la tendenza, da parte degli utenti della rete, a riprendersi la libertà minacciata soprattutto sotto il profilo della privacy e del trattamento dei dati personali.

Oggi la parola d’ordine è: decentralizzare.

In breve, dopo Napster , che passerà alla storia come la miccia che ha attivato il detonatore, sono nati numerosi programmi che da un lato riproducono lo stesso meccanismo di condivisione e scambio file come iMesh , CuteMx , ScourExchange e sono destinati soprattutto allo scambio di files multimediali. Dall’altro troviamo progetti che tendono ad estendere lo stesso concetto di condivisione a tutti i tipi di files. Tra questi Wrapster , Gnutella e, appunto, Freenet .

In pratica, con questi programmi, i nostri hard drive o, meglio, le parti di questi che noi decidiamo, vengono condivisi con altri utenti dello stesso programma. Storicamente, ciò avveniva attraverso un server centrale, dove gli utenti dovevano registrarsi. Ora si tende alla decentralizzazione senza registrazioni. Nel caso più famoso, quello di Gnutella, però, ancora non si è arrivati ad un completo anonimato, dato che è tutto basato sull’indirizzo IP, l’equivalente online dell’urlo “Ehi, sono qui, sono io!!!”.

Freenet fa un passo avanti, davvero rivoluzionario, arrivando al totale e completo anonimato, tramite un processo di crittografia e decentralizzazione delle informazioni. Non solo il sistema di scambio file non passa attraverso alcun server centrale, ma non è neanche possibile arrivare a sapere dove le informazioni sono immagazzinate. Questo per il fatto che i file, o parti di questi, continuano a spostarsi da un disco rigido all’altro degli utenti, i quali non sono neanche a conoscenza del contenuto degli stessi, dato che i file sono tutti crittografati.

Ecco la novità del progetto di Ian Clarke il ventitreenne di cui vi parlavo secondo il quale “Freenet è totalmente decentralizzato, non esiste persona, computer o organizzazione essenziale al funzionamento e preposta al controllo e guida del sistema”, come, ad esempio, nel caso di Napster. Egli prosegue sostenendo: “Non riesco ad immaginare un modo per chiudere Freenet, senza dover chiudere Internet”.

Il progetto è nato dall’esigenza di proteggere gli utenti e garantire loro l’anonimato assoluto. Se quindi, da un lato, ciò può dare la possibilità al popolo di una nazione oppressa da una dittatura o in guerra di far sentire la propria voce e aver accesso alle notizie reali e non filtrate, dall’altro sono già state sollevate preoccupazioni per il problema dello scambio di materiale pornografico illecito e simili. Questo oltre al sempiterno problema del copyright, che, è ormai palese, va rivisto come concetto, oltre che come norme, nell’era della digitalizzazione globale.

Le grandi case discografiche e cinematografiche tremano, si agitano, citano in giudizio a destra e a manca, ma il problema è storico e molto più ampio. Nessuno soffrirà se la superstar di Hollywood o il megacantante potrà comprarsi una villa e una Porsche in meno a causa della possibilità che Freenet porti lo scambio di materiale copyrightato su dimensioni mai pensate prima. In questo caso il problema è loro: si tratta solo di adeguarsi alla realtà e trovare nuove strade che portino al profitto, senza ostinarsi a far finta che ciò che sta accadendo sia arginabile.

Il problema è più ampio e dobbiamo porcelo tutti.

Ora che l’ecommerce ha mostrato i primi segni di incertezza a livello mondiale; ora che tutti gli utenti della Rete sono preoccupati in primo luogo della loro privacy e ora che progetti tipo Freenet si susseguono a ritmi impressionanti, a dimostrazione di un’esigenza globale di anonimato e rispetto delle informazioni personali, è il momento di interrogarsi sul futuro della Rete e sulla possibilità che non sia solo l’immenso mercato che sembrava.

Stefano Bargiacchi
profste.com

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Pubblicato il
6 giu 2000
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