Quando l'autostrada è digitale

Quando l'autostrada è digitale

di Massimo Mantellini. Avete provato a chiamare a casa da un telefono pubblico negli ultimi tempi? Magari con una manciata di monete? Le sorprese di una evoluzione tecnologica dominata dal superfluo
di Massimo Mantellini. Avete provato a chiamare a casa da un telefono pubblico negli ultimi tempi? Magari con una manciata di monete? Le sorprese di una evoluzione tecnologica dominata dal superfluo


Web – Autostrada. Una mattina di gennaio vicino a Bologna. Nevica. Mi fermo in un autogrill con l’intenzione di telefonare a casa. Nulla di importante, una cosa che mi è venuta in mente e che vorrei dire a mia moglie. Ne approfitto per acquistare i quotidiani, poi mi avvicino ai telefoni pubblici di Telecom dentro il bar. Uno non è funzionante, l’altro non accetta monete ma solo tessere magnetiche.

Per combinazione mi ritrovo in tasca la più alta concentrazione di pezzi da cinquecento lire degli ultimi anni. Vorrei utilizzarli per telefonare. Esco sotto la neve con i giornali sotto braccio e mi dirigo alle cabine telefoniche poco distanti. Sono quattro, tutte di Telecom Italia: mi viene in mente quello spot di Infostrada con il cane che fa i suoi bisogni scegliendo fra telefoni di colori diversi. Non è evidentemente questo il caso. E non è che di cabine differenti da quelle di Telecom ce ne siano in giro poi troppe, una volta usciti dagli aereoporti o dalle grandi stazioni ferroviarie. Comunque le quattro cabine del mio autogrill hanno tutte i nuovi apparecchi di alluminio bombato Telecom, molto più moderni e aerodinamici dei vecchi, orribili telefoni arancioni della serie precedente. Per tornare alla mia contabilità, tre di questi sono fuori servizio, il quarto funziona. Ma nessuno dei quattro accetta monete.

Risalgo in auto e percorro l’autostrada (a questo punto anche per curiosità) fino alla stazione seguente. Anche qui stessa storia, quattro telefoni Telecom (nessuno dentro il bar) in bella mostra di sé accanto al parcheggio. Tutti, invariabilmente, accettano solo schede telefoniche. Di apparecchi di altri gestori neanche l’ombra.

In cento chilometri di autostrada non esiste un solo telefono “pubblico” (scritto molto fra virgolette) che accetti monete. Chiunque non possegga un telefono cellulare o una scheda a scalare deve accettare l’idea che non potrà telefonare. I nuovi gestori della telefonia si guardano bene dal fare investimenti costosi e in perdita come seminare il paese di telefoni pubblici. Installano tuttalpiù qualche isolato Internet Point per pubblicizzare la loro modernità dentro le hall delle grandi stazioni ferroviarie. Telecom dal canto suo ha recentemente annunciato una drastica riduzione del numero delle cabine telefoniche sul territorio nazionale, subordinando la messa in opera di eventuali nuovi punti telefonici ad un traffico minimo annuale obbligatorio.

Insomma, come da tempo accade anche nel mercato dell’hadware, invece che aggiungere sostituiamo, seguendo logiche che spesso non sono di semplice economicità ma piuttosto di massimalizzazione degli introiti.

Se non posso telefonare con le monete che mi ritrovo in tasca dovrò per forza acquistare un telefono mobile ed accettarne le tariffe o almeno acquistare anticipatamente una scheda telefonica con un congruo numero di minuti di traffico prepagato. E non solo: appena mi accingerò a protestare per questa piccola vessazione dovrò anche subire le rampogne di tanti novelli profeti della tecnologia bella e senza macchia pronti a deridermi perchè non ho un cellulare o perché non voglio pagare anticipatamente 10 quando consumo 1.

E ‘ quest’ultimo l’aspetto peggiore: l’attenzione per le piccole cose sembra aver perso ogni fascino, sostituita da una grandiosa e continua sottolineatura dell’apparenza e del superfluo. Nelle nuove tecnologie l’hype è ormai diventato la regola e le ultime novità fanno intravedere scenari ad alto rischio. L’era del pervasive computing , che è alle porte in USA e che ci raggiungerà fra qualche anno, richiede una cultura della scelta tecnologica che non è possibile improvvisare in un giorno. Sarà sempre più complesso distinguere fra ciò che serve e quanto invece è ridondante, fra intrattenimento e conoscenza, fra lavoro e tempo libero. La possibilità che la nostra futura vita tecnologica sia assai peggiorativa da molti punti di vista sono tutt’altro che remote, senza bisogno di immaginare scenari da fantascienza nei quali i calcolatori dominino il mondo.

Avremo un frigo che ci invia una email, che il sistema di sintesi vocale dell’auto, collegata a Internet ci legge mentre stiamo guidando. Potremo sapere in tempo reale che è finita la limonata. Sarà di certo bellissimo. Con ogni probabilità a quei tempi io sarò ancora in giro a cercare un telefono che accetti le mie monete da cinquecento.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il 20 gen 2001
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