RAI al DRM nel nuovo Contratto di Servizio

RAI al DRM nel nuovo Contratto di Servizio

Nei prossimi tre anni si spingerà su Internet, con un occhio su WiMax, DVB-H, IPTV e televisione digitale terrestre. Online appariranno solo alcuni contenuti e saranno blindati con il DRM. Urbani: la RAI entri in Telecom
Nei prossimi tre anni si spingerà su Internet, con un occhio su WiMax, DVB-H, IPTV e televisione digitale terrestre. Online appariranno solo alcuni contenuti e saranno blindati con il DRM. Urbani: la RAI entri in Telecom

Piattaforme multimediali, tecnica digitale, neutralità tecnologica, ricerca e innovazione nonché un intero capitolo dedicato all’offerta multimediale: si presenta così il nuovo Contratto di Servizio che vincola la RAI da qui al 2009, Contratto ora approvato in via definitiva e che è destinato a soddisfare solo in parte le attese degli utenti italiani.

Tra le novità annunciate dal nuovo contratto, la spinta che la RAI dovrà imprimere nell’utilizzo delle piattaforme del digitale terrestre e quelle satellitari ma anche IPTV, mobile ed Internet . Per quanto riguarda quest’ultima voce, RAI si impegna a fornire sui propri siti una offerta crescente di contenuti. Al contrario di quanto sperato da molti, che contavano sulla messa a disposizione online dell’intera programmazione, sulla rete RAI proporrà esclusivamente una selezione dei materiali proposti tramite l’emittenza tradizionale.

Per accedere a questi contenuti si dovrà essere in regola con il pagamento del canone . Un accento specifico è posto sul fatto che le trasmissioni selezionate non andranno in diretta , non da Contratto almeno, che si limita a specificare che debbano arrivare in rete “successivamente” alla loro “trasmissione”.

Il principale ostacolo alla diffusione in rete della totalità dei contenuti RAI, come ebbe a dichiarare su Punto Informatico il ministro delle TLC Paolo Gentiloni, è dato dai diritti di trasmissione web : per questo il Contratto prevede che la radiotelevisione di Stato debba finanziare in misura crescente l'”acquisizione di diritti per la diffusione sul web” dei contenuti. E specifica: “con l’impiego delle più opportune tecnologie al fine di evitare indebiti utilizzi da parte degli utenti”. Ciò significa che, oltre all’attestazione del pagamento del canone, all’utente sarà anche chiesto di sorbirsi contenuti in salsa DRM , ovvero dotati di tecnologie limitanti.

A mitigare la presenza del DRM, l’obbligo per RAI di ” analizzare lo sviluppo di interfacce tecnologiche che consentano la diffusione dei contenuti sui principali dispositivi di fruizione audiovisiva di tempo in tempo disponibili sul mercato”.

Tra le innovazioni del Contratto anche il dover consentire agli utenti Internet di godere di spazi di comunicazione e discussione e di poter commentare l’intera programmazione RAI. Con l’emissione di linee guida specifiche, l’ente radiotelevisivo provvederà anche alla pubblicazione di materiali realizzati dagli utenti . Il tutto sarà promosso all’interno delle trasmissioni RAI al fine di “incrementare il numero di utenti unici”. Una dicitura che fa pensare alla necessità di recuperare pubblicità da affiancare alla distribuzione online.

Il fatto che il Contratto impegni RAI a diffondere i contenuti sui propri siti e a renderli accessibili agli utenti in regola con il canone sottointende un principio di neutralità della rete , in quanto utenti che accedono con modalità diverse dovranno poter godere del medesimo servizio. Ma c’è comunque nel Contratto un riferimento alla neutralità tecnologica , laddove si dice che “RAI si impegna, ove possibile, a garantire la disponibilità dei suoi canali in chiaro su tutte le piattaforme distributive”.

A spingere la radiotelevisione di Stato verso nuovi approdi è anche il capitolo del Contratto che chiede sperimentazioni di nuove tecnologie trasmissive , nominando nello specifico DVB-H, DMB, DRM , Alta Definizione, IPTV, WiMax e “ogni altra tecnologia evolutiva a larga banda nel rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione, nonché delle norme in materia di accesso alla capacità trasmissiva in digitale terrestre”. Tra l’altro, il segnale su DTT entro un anno dovrà essere reso disponibile ad almeno l’85 per cento della popolazione italiana, uno sforzo che secondo il presidente Petruccioli costerà 100 milioni .
Un capitolo a parte del Contratto, come di consueto, è dedicato al canone radiotelevisivo. In particolare si ribadisce come RAI fornirà all’Ufficio Registro Abbonamenti Radio e TV (U.R.A.R. – TV) di Torino “strutture, mezzi e personale dell’ente stesso, nonché i locali occorrenti”. Com’era prevedibile, trattandosi del Contratto di Servizio, anche in questa occasione non si chiarisce chi debba pagare il canone , un quesito che rimane irrisolto.

Il Contratto, infatti, fa esplicito riferimento a quelle norme, ormai stranote, che da lungo tempo creano confusione negli utenti, in quanto attribuiscono il dovere del pagamento del canone a chi dispone di dispositivi “atti o adattabili alla ricezione del segnale” radiotelevisivo, una dicitura che non chiarisce alcunché ed anzi si presta ad ogni sorta di interpretazione, traducendosi in riscossioni poco plausibili e spesso sconcertanti .

Non è un caso se proprio ieri una nuova interrogazione parlamentare è stata presentata per tentare di chiarire la situazione. Daniela Poretti , esponente della Rosa nel Pugno alla Camera, segretario della commissione Affari Sociali, parla di “confusione gigantesca” in cui “le autorità sembrano latitare e la discrezione degli accertatori è assoluta, con conseguente mancanza di certezza del diritto da parte di chi, pur valutando l’assurdità dell’esistenza di questa tassa per il mero possesso di un apparecchio indipendentemente dall’uso che ne faccia, non voglia essere obbligato ad essere evasore fiscale o contribuente non previsto”.

Nell’interrogazione al ministero dell’Economia e delle Finanze, Poretti ricorda anche la recente indagine svolta da ADUC , l’associazione dei consumatori e degli utenti, che rivolgendosi a ministri, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, ha inutilmente tentato di sapere chi fosse competente in materia e come potesse essere stabilito chi debba effettivamente pagare.

A tutto questo si aggiunge come il servizio Risponde RAI dedicato ai quesiti sul canone, servizio telefonico a pagamento, dia sempre risposte diverse . “Secondo alcuni operatori – si legge nell’interrogazione – deve pagare il canone solo chi ha una televisione o un computer. Per altri, deve pagarlo pure chi detiene anche uno solo dei seguenti apparecchi: televisione, videoregistratore, registratore dvd, computer (indipendentemente dalla presenza di una scheda tv o di una connessione Internet), videofonino, tvfonino, monitor di qualsiasi tipo anche in assenza di un computer, decoder, monitor del citofono , modem, navigatore satellitare, videocamera, macchina fotografica digitale”.

L’interrogazione, qui il testo, si conclude chiedendo al ministero dell’Economia e delle Finanze che sia stabilito una volta per tutte chi deve pagare . Oltre alla soddisfazione del presidente RAI Petruccioli, che ha parlato di “momento solenne” nel descrivere la firma del Contratto, e alle parole di Gentiloni, secondo cui il Contratto pone la RAI sui giusti binari, si sono espressi anche i consumatori di Adiconsum

Secondo Paolo Landi, segretario generale dell’Associazione, “il contratto di servizio che RAI e Ministero delle Comunicazioni hanno firmato questa mattina recepisce le proposte che Adiconsum ha portato in sede di audizione pubblica, battendosi poi in tutte le sedi competenti perché venissero inserite nel contratto. Esprimiamo, quindi, soddisfazione per il risultato raggiunto e ci congratuliamo con il ministro sia per il risultato che per l’innovativo metodo cooperativo adottato”.

Unico neo sul contratto , secondo Landi, sono i tempi troppo lunghi per attuare l’impegno a trasmettere in chiaro tutti i programmi delle tre reti generaliste sul satellite. “Questa esigenza – spiega – è particolarmente forte nelle regioni dove è avvenuto o è imminente il passaggio dal sistema analogico a quello digitale (Cagliari e Aosta) dove il satellite è l’unico modo per garantire il servizio universale”.

Ma a farsi notare ieri è stato anche l’ex ministro ai Beni culturali e oggi membro del Consiglio di Amministrazione RAI Giuliano Urbani , nome noto all’utenza Internet italiana. Urbani infatti ha parlato della situazione di Telecom Italia, che potrebbe essere ceduta ai colossi nordamericani , sostenendo che si tratta di una “occasione storica, forse unica per creare un grande network di sistema e per risolvere gli antichi problemi del mondo delle telecomunicazioni italiano. Non perdiamola”.

In una intervista a IlMessaggero , Urbani sostiene che nelle trattative sullo scorporo della rete Telecom per evitare che finisca in mani non italiane, non solo andrebbe coinvolta proprio la RAI ma anche Mediaset. A suo dire non si tratta di una pulsione nazionalistica “ma di un tentativo serio di mettere in campo un player di sistema”.

L’idea di Giuliano Urbani, dunque, è quella di dar vita ad una cordata per risolvere il problema della rete. “Per me – ha specificato – a questa cordata possono partecipare tutti, americani, messicani, Wind e Vodafone compresi”.

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Pubblicato il
6 apr 2007
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