Web – La querelle è vecchia, lunga e noiosa: da una parte chi sostiene che il danno causato dalla duplicazione non autorizzata di libri, video, cd e software è enorme e rischia di minare il lavoro degli autori e degli editori e dall’altra chi pensa che le cose non stiano proprio in questi termini.
Il disegno di legge approvato la scorsa settimana ha riportato nuovamente a galla il dibattito su un provvedimento che, stando alle dichiarazioni dei suoi sostenitori, dovrebbe rinforzare le difese del diritto d’autore sotto pesante attacco da parte dei “pirati” della duplicazione.
Leggendo il testo del DDL salta immediatamente all’occhio che esso non tiene in considerazione le nuove problematiche che uno strumento di comunicazione come la Rete inserisce nel contesto del sistema del diritto d’autore così come è concepito oggi.
Eppure alcuni segnali avrebbero dovuto consigliare altrimenti.
Per esempio Stephen King ha recentemente iniziato a distribuire gratuitamente su web la prima puntata di un suo racconto senza la mediazione (almeno apparente) di un qualsiasi editore. Il sistema funziona in questo modo: se almeno il 75% del numero di coloro che hanno scaricato il file provvede a pagare il prezzo richiesto (1 dollaro) lo scrittore si impegna a rendere disponibile allo stesso modo (on-line) la seconda puntata della storia nel prossimo mese di settembre.
Stando alle notizie di agenzia, sembra che questa idea abbia avuto un discreto successo: in poche ore il file è stato scaricato 41 mila volte e 32 mila persone (vale a dire il 78%) hanno regolarmente pagato il prezzo richiesto. In questo momento non è ovviamente possibile prevedere se, alla fine, i paganti totali saranno davvero almeno i tre quarti ma ci sono buone probabilità che questo avvenga.
Certo, non tutti gli scrittori si possono permettere questi lussi, ma se una tendenza del genere prendesse piede porterebbe a dei cambiamenti epocali nel sistema editoriale.
Davanti alla concreta possibilità di modifiche così radicali del sistema autore-editore-lettore (ma l’esempio potrebbe valere per altre iniziative simili riguardanti anche cd musicali o software) il disegno di legge appare chiaramente inadeguato, obsoleto, inutile, dannoso e chi più ne ha più ne metta.
Quella combattuta della SIAE a colpi di bollini è chiaramente una battaglia di retroguardia che ha tutta l’aria di servire solo a giustificare l’esistenza di una struttura burocratica nata alla fine dell’800 con lo scopo di intermediare fra i creatori di “opere dell’ingengno” e coloro che in qualche modo ne usufruiscono.
D’altra parte il business della “pirateria” è una faccenda molto più complessa di quanto vogliano far credere: il mercato delle duplicazioni ha bisogno di supporti e di macchine, e la produzione e il commercio di queste merci rappresentano una entrata non indifferente anche per alcuni grossi produttori, basta leggere i marchi stampati su CD e cassette vergini e sui masterizzatori. Si dice anche che la stessa SIAE guadagni un tanto a supporto vergine venduto, trovandosi in tal modo ad incassare introiti provenienti dall’attività dei tanto vituperati “pirati”.
La facilità della produzione illegale di copie ha sempre rappresentato un importante, per non dire fondamentale, incentivo alla diffusione di massa sia di prodotti culturali che – soprattutto – di tecnologie che forse altrimenti sarebbero state destinate all’oblio. La triste fine dei film su “LaserDisk”, di cui probabilmente non è mai stata fatta una copia pirata, è esemplare: più facilmente il supporto è riproducibile più ha successo, e il lento decollo del DVD sembra confermare questo indiretto elogio della “clonazione”.
La guerra contro la duplicazione abusiva, legata alla presunta sacralità del diritto d’autore (e del suo sfruttamento commerciale) assume sempre più l’aspetto di una mera questione di principio piuttosto che di una reale necessità economica. Anche perché, paradossalmente, la completa scomparsa dei “pirati” rischierebbe di provocare un tracollo economico di alcune aziende, tracollo che forse sarebbe più costoso dei danni che la duplicazione abusiva causa ogni anno.