Roma – Matthew Hale è un fondamentalista cristiano, non estraneo ad oscure connessioni con organizzazioni religiose particolarmente estreme, come la World Church of the Creator che sostiene la supremazia razziale dei bianchi. Rischia fino a venti anni di carcere per aver commissionato l’uccisione di un giudice americano, che fortunatamente non è andata a segno.
L’FBI indaga: dietro la figura di Hale si nascondono secondo gli inquirenti complotti razziali che corrono sulle linee di Internet. Infatti ieri, dopo l’ammissione di colpevolezza da parte di Hale, su molti siti web antisemiti sono apparsi messaggi che incitavano esplicitamente all’odio razziale, alla “guerra santa” contro gli ebrei ma sopratutto alla mobilitazione dei vari “militanti” per colpire il testimone chiave del processo contro Matthew Hale: Anthony Evola (che sia lontanamente imparentato col ben più noto Julius Evola, teorico di destra?).
L’indirizzo di questo informatore dell’FBI è stato pubblicato on-line, con l’augurio che qualcuno “gli dicesse ciao”. E per questo Richard Ruminski, responsabile speciale per la divisione antiterroristica dell’FBI, ha perentoriamente annunciato che “gli ufficiali federali non tollereranno più qualsiasi persona che si faccia portavoce del razzismo, abusando della libertà d’espressione”.
Un comunicato che fa riflettere: le associazioni razziste presenti su internet sono molte ed alcune hanno base persino in Italia. Il razzismo, fenomeno condannato istituzionalmente e socialmente nella maggior parte dei paesi civilizzati, divampa pericolosamente tra le steppe selvagge della Rete.
E’ noto il caso di Holy War , un sito italiano in cui paranoiche teorie del complotto e fondamentalismo religioso si fondono in un preoccupante grido di battaglia contro Israele, contro la società multietnica e multiculturale. Nel 2000 venne chiuso preventivamente dalla Polizia delle TLC, secondo quanto previsto dalla Legge Mancino del 1993. Tuttavia, il sito è nuovamente online per motivi non troppo chiari: che abbiano deciso di spostarlo su un altro server, magari in qualche paese che tollera ogni forma di informazione e comunicazione?
Come gli Stati Uniti, per l’appunto. Ma le cose evidentemente stanno per cambiare.
La maggiore organizzazione multinazionale dedita all’odio razziale ed all’antisemitismo si chiama Aryan Nations , ed ha sede proprio negli USA. Strettamente legata al Ku Klux Klan, storica società segreta di uomini dediti allo sterminio degli afroamericani, Aryan Nations appartiene ad un folto gruppo di siti internazionali legati dalla propaganda razziale e nazionalista: una triste “top 100” a cui fa capo White Revolution . Nella homepage del sito si legge, ben in vista: “Una coalizione di nazionalisti bianchi e cittadini americani che si oppongono all’integrazione razziale”.
Nonostante l’aria di libertà che più o meno pervade la Rete, è giusto che nel 2004 esistano tuttora siti che ripropongano pericolosamente teorie eugenetiche false e comprovatamente letali?
Nel nostro continente soffiano venti di censura. Già dal 2001, il Parlamento Europeo si è impegnato per bandire i siti che contengano una determinata lista di frasi e parole “proibite”.
In Europa sembra che esista davvero un mondo sotterraneo ben sviluppato in cui forze politiche estreme e gruppi segreti convivono e collaborano, uniti dalle infinite possibilità comunicative della Rete: Spagna, paesi Scandinavi, Inghilterra ed Italia sono i punti cardine del neo-nazismo su Internet. Antisemitismo e razzismo made in Europe , corroborati dalla presunta sicurezza dei sistemi di crittografia, non mancano di attrarre nella propria orbita persino i fondamentalisti islamici, contrari al movimento sionista e talvolta schierati a favore di veteronazismi come lo sterminio degli ebrei.
Al di là delle disposizioni legislative, il popolo della rete non rimane certamente inerme ed ha dimostrato di essere pronto a rimedi drastici ed autonomi per eliminare i siti neo-nazisti. Risale al 2001 la minaccia, da parte di alcuni ebrei tedeschi, di ricorrere ad assalti telematici per bloccare i numerosi siti che incitano all’antisemitismo. E non sono mancati, in effetti, gli episodi di cyberwar tra i vari fronti.
Ma il neonazismo si propaga anche attraverso le reti P2P e le aste telematiche .
Oggetti e parafernalie varie appartenenti al periodo del nazifascismo (alla base di un lucroso mercato parallelo internazionale) già da tempo sono stati banditi dai maggiori servizi di aste telematiche, specie tra quelli offerti da Yahoo! e da eBay. Inoltre, inni che risalgono ai tempi di Hitler e di Himmler circolavano copiosamente attraverso servizi come Kazaa: un giro di mp3 “vietati” stroncato dalle autorità tedesche .
Che il prossimo passo sia quindi bandire chiunque, in nome della libertà d’espressione, inciti allo sterminio di massa?
Tutto fa pensare che, a livello globale, si stia ritornando ad una applicazione ferrea di sistemi di censura sui canali d’informazione. Canali che dovrebbero comunque rimanere aperti a chiunque li voglia utilizzare. Anche se si tratta di bigotti e pericolosi neo-nazi. Siamo sicuri che per distruggere l’immaginario più deleterio e ignorante la strada giusta sia la censura? Questo sembra il nuovo corso dell’FBI, in contrasto con la posizione storicamente tollerante degli Stati Uniti.
dello stesso autore:
Lessig, in sei cavalcano GNU
Verso il proibizionismo 2.0
Una Internet… stupefacente?