RFID anti-sequestro, un salvagente inutile

RFID anti-sequestro, un salvagente inutile

I chip che dovrebbero garantire un pronto salvataggio alle vittime di sequestro non funzionano. Ma in Messico il business degli RFID traccianti che non tracciano è in pieno boom
I chip che dovrebbero garantire un pronto salvataggio alle vittime di sequestro non funzionano. Ma in Messico il business degli RFID traccianti che non tracciano è in pieno boom

Parimenti all’esplosione dei casi di sequestro dei cittadini più benestanti (+371% negli ultimi 5 anni), il Messico sta al momento sperimentando un altrettanto sostanzioso boom nella vendita di impianti RFID da installare sottopelle. Il business dei chip radio-traccianti è cresciuto del 317% nell’ultimo lustro, ma l’efficacia della soluzione (presunta) anti-sequestro viene da più parti criticata e messa alla berlina.

I chip RFID anti-sequestro non funzionano, dicono gli esperti, e il fatto che un numero crescente di messicani abbienti accetti volontariamente di sottoporsi all’impianto sottopelle dimostra chiaramente la scarsa consapevolezza che circonda questa tecnologia e le sue reali capacità.

“Non c’è nessuna possibilità che qualcosa di così piccolo possa comunicare con un satellite”, denuncia l’esperto di RFID dell’Università dell’Arkansas Justin Patton, quando persino sistemi costosi dotati di batterie integrate non possono essere individuati a distanze maggiori di 200 metri e senza interferenze in linea d’aria.

I Messicani abbienti si chippano , sperando inutilmente che un raid di polizia li venga subito a salvare in caso di brutte avventure, ma il vero affare lo fanno le società specializzate che vendono il prodotto . Aziende come Xega , che guadagna 2mila dollari (USA) a ogni impianto più 2mila dollari di tassa annuale e che in soli due anni ha sperimentato una crescita del business pari al 40%.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 24 ago 2011
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