Sindrome del Ciuccio.2 / Napster&C

Sindrome del Ciuccio.2 / Napster&C

di Luca Schiavoni. E ' nato prima l'uovo o la gallina? A quanto pare nel mondo Mp3, per chi lo vede così, esistono solo uova e non si ha bisogno di galline. E ' evidente che non potrà durare per sempre
di Luca Schiavoni. E ' nato prima l'uovo o la gallina? A quanto pare nel mondo Mp3, per chi lo vede così, esistono solo uova e non si ha bisogno di galline. E ' evidente che non potrà durare per sempre


Roma – (vedi La Sindrome del Ciuccio ) – L’invasato medio, il Nap-Addicted, è quello che riempie hard disk di musica senza domandarsi da dove arriva. Sono in pochi persino a ricordare i nomi degli utenti che mettono a disposizione la musica di proprio interesse, pochi a segnare gli amici nelle hotlist dei sistemi, o a chattare con chi gli sta regalando musica.

L’utente non sembra disponibile neppure a credere che tutto il sistema Napster si regge su server enormi, costosissimi, e sui soldoni che servono per la banda Internet. L’unico suono che l’utente Napster vuol sentire è quello dell’Mp3 appena scaricato, magari ascoltandolo con Winamp (altro programma, Wow! Gratis!), come se tutta l’infrastruttura ed i costi non costituissero un problema.

Parte di questi costi, naturalmente, è coperta da quelli telefonici, dall’eventuale abbonamento ad un provider, anche a banda larga (ADSL, cavo, ecc.). Ma la tendenza USA è di cattivo auspicio per il futuro: la marcia indietro di molte Freenet e di altre operazioni di “accesso gratuito” rende immediatamente evidente che per “tener su la baracca” non bastano i budget di pubblicità e sponsorizzazioni.

Su Napster, per limitarci a parlar di quello, circola Musica per lo più protetta da diritto d’autore (anche se in realtà agli autori arrivano le briciole). Un caso che mette in chiaro che i problemi non risiedono nei meccanismi contorti delle associazioni dei discografici che affermano di difendere il diritto d’autore, ma nella confusione che su questo viene generata.

Basta pensare al folle e distorto discorso secondo cui chi scarica musica da Napster non compra dischi e dunque produce una perdita. Un falso, visto che nessuno ha mai provato che chi scarica musica gratis comprerebbe quella stessa “quantità” di musica in negozio. Per non parlare del fatto che, venendo all’Italia, su un CD audio si paghino 18mila lire alla SIAE e solo 3-4mila lire agli autori (dati pubblicati da “Focus”).

Confusione che porta l’utente a confondere la SIAE con la RIAA, che è un’associazione di discografici e non di autori, a credere a semplificazioni eccessive di questi discorsi e a concludere, da buon Nap-Addicted, nel modo più ingenuo: “non do più una lira a nessuno”. Credendoci sul serio.

Se è vero che certi ingaggi e guadagni delle Pop Star sono ormai completamente fuori dalla realtà e saranno ridimensionati per molte ragioni (“è finita la pacchia”, “non poteva durare per sempre”, etc etc), è altrettanto vero che produrre, stampare e distribuire un disco ha comunque dei costi reali. Registrare un disco, suonare, ha dei costi.

Anche il cantautorello scapigliato con la chitarrella avrà bisogno, o no?, di un microfono, di un sistema di registrazione, di un sistema di stampa o di trasmissione per diffondere e divulgare le sue quattro note? Tutto dunque ha un costo, anche la chitarrella, che qualcuno deve pagare da qualche parte, prima o poi.

Gli esperimenti dei pochi che si son messi a distribuire musica “gratuitamente” sul Web nascondono spesso ingenuità e ipocrisia. Ma quale gratis? Chi paga quei server, quella banda passante enorme per far passare file di megabytes su megabytes? Chi paga i Webmaster, i gestori dei siti, i creativi? Tutti gratis, tutto bello, tutto fico, tutto wow?

Andrebbero dette le cose come stanno, per amor di trasparenza: “Io musicista / cantante / gruppo distribuisco queste musiche on line senza chiedere direttamente denari, dato che i costi di questo sito e di tutto ciò che comporta posso coprirli in altro modo. Chi mi mette a disposizione questo spazio e questa banda ha il suo tornaconto, io ho il mio e tu che ti scarichi l’Mp3 in realtà lo paghi sorbendoti la pubblicità, venendo ai miei concerti, comprando la bibita che mi sponsorizza” (ma è solo un esempio).

Mi rendo conto che è molto più semplice e diretto dire “scarica qui GRATIS la mia nuova canzone”, ma un conto è il dono della sintesi, un’altra è non rendersi conto cosa si nasconde dietro.


Napster, il programma stesso intendo, è stato il protagonista involontario di una delle più massicce campagne di disinformazione mai ricordate su Internet e dintorni. Protagonista di accordi commerciali con multinazionali del disco e cause miliardarie, è veramente difficile credere che il ragazzino Shawn Fanning sia un benefattore che saltando qualche lezione di università ha creato nella sua beata ingenuità e nella solitudine del suo garagetto di periferia un programmino per scambiare file con gli amici per proseguire ora a difendere ad oltranza la “causa” di un libero scambio in libero stato col pugno alzato e la lacrimuccia, pensando al garagetto.

Napster oggi, e ormai da un bel pezzo, al pari di tante altre dot com, è una azienda con un prodotto eccezionalmente diffuso al punto da aver offuscato la presenza di centinaia di prodotti analoghi. Napster, che da giugno diventerà un sistema a pagamento (come da copione), era già una azienda quando distribuiva “gratuitamente” il programma e permetteva “gratuitamente” di usare la propria rete di server.

Ma era una azienda che lavorava in perdita, come Amazon.com ad esempio, seminando per poi raccogliere. Nulla di gratuito è mai stato regalato dunque da Napster.com ai propri utenti anche se la percezione, purtroppo, è stata questa.

Nel frattempo qualcuno ha retribuito i programmatori, i server, la banda e i grafici e quei costi sono stati pagati, e verranno pagati, comunque. Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, anche sul Web e nelle aziende, ma la Sindrome del Ciuccio addolcisce la pillola dei navigatori, come sempre.

Chi paga, come paga, quando e quanto paga Napster.com oggi? Nessuno, suggerisce il Ciuccio.

Neanche chi per primo ha compresso in Mp3 il compact Disc da condividere con quel sistema. Evidentemente sono tutti Mp3 ricavati da Cd rubati e copiati. Copiati da cd rubati. Forse non esiste neanche UN primo Cd originale, dal quale sono partite tutte le copie. E ‘ nato prima l’uovo o la gallina? A quanto pare nel mondo Mp3, per chi lo vede così, esistono solo uova e non si ha bisogno di galline. E ‘ evidente che non potrà durare per sempre.

Ma la vera strage di banalità e di realismo si consuma come al solito in tutto quello che viene definito “alternativo”. Programmi alternativi, server alternativi, cloni. Tutto rigorosamente gratuito, non sia mai!, tutto Wow, tutto fico.

Server OpenNap spuntano come funghi pagati evidentemente da un CyberSpiritoSanto, mentre Cloni e mutazioni del programma sgorgano dalle mani prodighe di programmatori che mangiano ravanando nella spazzatura (visto che lavorano gratis, di che camperanno?).

E ‘ curioso scoprire ad esempio che MusicCity.com in un mondo come il nostro così attaccato al denaro tenga in piedi ben 30 server OpenNap tra i più gettonati del quasi-dopo-Napster, senza chiedere nulla in cambio.

La verità è che la zia di MusicCity, così come la zia di ShawnFanning, sono ricchissime. Invece di devolvere i soldi in beneficenza, li hanno dati ai nipotini affinché creino dei network di FileSharing da far utilizzare a milioni di utenti.

Le simpatiche ziette, mi sembra di vederle coi loro cappellini, hanno anche regalato ai nipoti varie casse di Ciucci da distribuire agli utenti di Napster e dintorni. Pare, si mormora.

Luca Schiavoni

dello stesso autore:
La sindrome del Ciuccio (1)
Gli mp3 gratis non sono morti!
Psx, Modifica e masterizzatori
MagicSun, la CyberPiotta

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Pubblicato il 14 apr 2001
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