SPID è finito in televisione, in uno dei salotti buoni del piccolo schermo, alla scrivania di Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa. Finalmente, verrebbe da dire. Finalmente l’occasione di parlarne, di approfondire un tema centrale, anche e soprattutto ora che ne è stato messo in discussione il futuro. E invece no, meglio sparare a zero sullo strumento, che ci sono gli spettatori da strappare alla concorrenza del prime time, che c’è l’applauso da cercare.
Dalla lettera della Littizzetto a chi applaude
L’ultima puntata del programma ha fatto registrare l’8% di share con oltre 1,5 milioni di spettatori. A chiamarlo in causa è stata Luciana Littizzetto, con una lettera che si è aperta così Caro SPID, maledetto SPID, infame sigla, acronimo bast*rdo
. Forse non il migliore degli incipit, per affrontare un argomento tanto importante. Un’invettiva lunga sette minuti, scagliata contro un sistema tutt’altro che perfetto (su questo non ci piove), ma che forse avrebbe meritato un altro trattamento agli occhi del grande pubblico.
E poi ci dicono che lo SPID semplifica. Quando ce l’hai, semplifica, ma non prima. Il minipimer, se voglio fare il passato di verdura, semplifica. L’avvitatore a pile, semplifica. Lo SPID no.
È un pezzo comico, certo. E come tale va considerato. Qual è però il messaggio che passa a quel cittadino povero disgraziato
di cui l’autrice si fa paladina? Quello di un disastro totale, di un impiccio, di una complicazione.
Se tu SPID diventi obbligatorio, allora devi essere facile, immediato, a prova del più minchione. Perché il cittadino non è un guru della Silicon Valley, ma un povero disgraziato che fa come può, coi mezzi che ha e col tempo che ha. Ecco.
SPID non è obbligatorio, ma molto utile
Tralasciando il fatto che SPID a quanto ci risulta non è obbligatorio (c’è sempre l’opzione CIE) per gran parte dei servizi, che non sia di semplice utilizzo per tutti è una verità sacrosanta. C’è una fetta della popolazione, quella non particolarmente abituata al digitale, per cui il dover avere a che fare con credenziali di accesso, livelli di sicurezza, OTP e password da cambiare periodicamente, rappresenta un grande scoglio.
L’errore sta nel rappresentare solo quello, la parte più complessa, tacendo, forse volontariamente, che l’alternativa a SPID e CIE rimane la fila allo sportello per qualsiasi minima operazione: dalla prenotazione di un appuntamento al ritiro di un referto. Siamo certi di voler tornare lì? O di voler rinunciare al poterlo sfruttare per conservare i documenti digitali nell’app IO?
L’hanno messo a pagamento, ma pazienza
Littizzetto ce l’ha in particolare con l’operazione di rinnovo, descritta come un lungo e tortuoso percorso a ostacoli. Il provider non è citato esplicitamente, ma è Aruba, uno dei tre che hanno fin qui deciso di introdurre un canone annuale.
Cerco se è possibile farlo gratis, come prima. Invece no, è tutto a pagamento. Pazienza, dico, pagherò.
Ma come? Se c’è un elemento di disparità contro cui puntare il dito, una novità peggiorativa, è proprio quella che ha portato a rendere SPID un servizio a pagamento. E lo liquidiamo con un pazienza
?
E poi ci dicono che lo SPID semplifica. Quando ce l’hai, semplifica, ma non prima. Il minipimer, se voglio fare il passato di verdura, semplifica. L’avvitatore a pile, semplifica. Lo SPID no.
E giù applausi. Per fortuna, almeno, non è servizio pubblico.