Roma – Le oscillazioni di Teheran sulle nuove tecnologie della comunicazione hanno forse trovato una composizione: nelle ultime settimane i volontari della milizia Bassij, infatti, hanno sequestrato la bellezza di 14mila parabole satellitari che erano installate in quattro diversi distretti.
Tra spinte ideali verso il futuro tecnologico e il blocco all’accesso di decine di migliaia di siti, le autorità iraniane sembrano decise a portare sino in fondo la tradizionale diffidenza per la libera comunicazione. Tanto la rete come il satellite, infatti, sono ritenuti potenzialmente pericolosi per i valori e la moralità del popolo iraniano, in quanto introducono nel paese contenuti blasfemi o semplicemente scomodi, come quelli trasmessi dagli esuli e dai dissidenti iraniani.
Sebbene in Iran sia formalmente illegale possedere una parabola per l’accesso alle trasmissioni satellitari, questo divieto non è stato sempre reso efficace con l’energia dimostrata nelle ultime settimane. Dopo alcune celebri crociate anti-parabola, infatti, il satellite ha comunque continuato ad attrarre iraniani, tanto che oggi nel paese si calcola che più di tre milioni di famiglie dispongano, appunto, della vituperata parabola.
I gestori degli impianti sequestrati sono stati tutti arrestati e non è ancora chiaro quali sanzioni verranno loro imposte. La legge del paese prevede anche il carcere nei casi più gravi.
Eppure proprio la diffusione del satellite ha spinto di recente il parlamento a maggioranza riformista a varare una legge che tollera un accesso regolamentato a quelle trasmissioni, sulla scorta di quanto in precedenza deciso per Internet. Ma il Consiglio dei Guardiani, organo conservatore di supervisione, ha bocciato la normativa. Il Consiglio decide senza appello sulla compatibilità delle leggi approvate con la Costituzione e i dettami coranici.
Da segnalare che proprio l’Iran, assieme alla Cina, è destinato ad avere un ruolo importante nel prossimo Summit mondiale sulla società dell’informazione di Ginevra, che si terrà a dicembre.