Uganda: tacciano i social media

Uganda: tacciano i social media

Il governo del paese africano avrebbe richiesto il blocco di Facebook e Twitter per arginare il flusso di informazioni circa le proteste politiche degli ultimi giorni
Il governo del paese africano avrebbe richiesto il blocco di Facebook e Twitter per arginare il flusso di informazioni circa le proteste politiche degli ultimi giorni

Gran parte dell’Africa sub-sahariana è storicamente considerata un territorio dalla connettività discreta, sostanzialmente libera da filtri sulla Rete, fatta eccezione per alcuni casi di censura per ragioni politiche. Ultimamente, però, il governo dell’Uganda ha scelto la linea dura chiedendo il blocco di Facebook e Twitter.

La richiesta , indirizzata ai tre maggiori ISP del paese, arriva sulla scia delle proteste scoppiate nell’ultima settimana a causa dell’aumento dei prezzi di cibo e petrolio e rimbalzate sulle piattaforme social.

Attraverso l’hashtag #walk2work , gli utenti di Twitter hanno informato i netizen di tutto il mondo dell’arresto dei leader dell’opposizione ugandese Kizza Besigye e Norbert Mao. Alcune fonti informano che, a partire da lunedì scorso, i siti Internet sono accessibili sebbene risulti che l’accesso a Facebook e Twitter via Uganda Telecom è stato sospeso .

Il blocco dei social media appare un’operazione pianificata dall’alto come testimonia anche un ingegnere locale: “Non è colpa nostra; sembra che il governo abbia bloccato il servizio. Siamo dispiaciuti tanto quanto voi”. Da parte sua, UCC (Uganda Communications Commission), l’autorità che presiede al settore delle telecomunicazioni, nega la responsabilità attraverso una dichiarazione del responsabile delle relazioni esterne Isaac Kalembe: “Non abbiamo chiesto a nessuno di bloccare i social network” dopo essersi lasciato scappare: “Forse è colpa del ministero ICT”.

Secondo gli osservatori, se, come si sospetta, ci fosse il governo dietro l’operazione, si tratterebbe della seconda volta in pochi mesi in cui si verificano pressioni sugli operatori affinché si neghi ai cittadini l’accesso ai social media.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il 26 apr 2011
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