UK, utenti avvertiti, poi scollegati

UK, utenti avvertiti, poi scollegati

Storico accordo tra le major e uno dei maggiori provider del paese: l'industria rastrellerà gli IP di utenti sgraditi e li girerà al provider. Che invierà avvertimenti scritti agli utenti. Minacciando la disconnessione da Internet
Storico accordo tra le major e uno dei maggiori provider del paese: l'industria rastrellerà gli IP di utenti sgraditi e li girerà al provider. Che invierà avvertimenti scritti agli utenti. Minacciando la disconnessione da Internet

Londra – E così, dopo mesi di chiacchiere, si arriva al dunque: per la prima volta un provider britannico, Virgin Media, si appresta a inviare lettere di avvertimento ai propri utenti qualora i loro comportamenti sulle reti del peer-to-peer siano meno che irreprensibili, o siano giudicati illegali dalle major.

Raccogliendo il pressante invito delle istituzioni, uno dei principali ISP britannici ha così deciso di scendere a patti con BPI , l’organismo che supervisiona nel Regno Unito gli interessi delle grandi etichette musicali: da questa novella intesa è nata una formula che si sostanzia nell’applicazione della Dottrina Sarkozy .

Le major non gestiranno direttamente i nominativi degli utenti ma si “limiteranno” a passare al provider le liste di IP “in violazione” affinché questi possa provvedere alla trasmissione dei warning. Si tratta di una sperimentazione fondata sulla disciplina nota come three strike policy , vale a dire su “tre livelli”. Il primo è il warning, il secondo è la sospensione temporanea della connessione ai recidivi e il terzo, per coloro che proprio non riescono a evitare lo sguardo indiscreto delle major e vengono beccati a condividere file protetti dal diritto d’autore senza autorizzazione, prevede la disconnessione tout-court dalla rete .

La notizia solleva enorme scalpore in rete ma è tutto meno che sorprendente: sono mesi che le massime autorità britanniche chiedono agli ISP del paese di scendere a patti con le major, lo chiedono con le buone minacciando di ricorrere a mezzi ben più pesanti qualora entro pochi mesi, e la scadenza dell’ultimatum governativo è il prossimo ottobre, non si arrivi ad un regime sanzionatorio che garantisca maggiormente il rispetto degli interessi delle etichette discografiche. Già entro questo mese si terrà un primo momento di verifica dello stato dei rapporti tra major e provider ed è dunque assai probabile che all’annuncio di Virgin Media ne seguano altri nei prossimi giorni.

Ma la posizione di Virgin Media non riguarda certo solo i discografici: l’azienda apre a tutti i produttori di contenuti, in pratica invitando tutti i detentori del diritto d’autore di servirsi di questo nuovo strumento fondato sulla disponibilità del provider di sanzionare i propri clienti, di intervenire su commissione sui loro comportamenti. “Abbiamo a lungo parlato con le organizzazioni dei detentori dei diritti – spiega Virgin Media – su come uno schema volontario di intervento potesse funzionare”. Secondo BPI, peraltro, “gli ISP non possono più rimandare. Il Governo condivide chiaramente la frustrazione della comunità creativa dinanzi al fallimento degli ISP che non intraprendono azioni decise”.

Per quanto avanzato sia l’accordo che ora lega Virgin Media e BPI, l’ISP britannico in realtà arriva secondo: in Giappone come i lettori di Punto Informatico sanno perfettamente, una disciplina sanzionatoria ai danni degli utenti è già stata introdotta e non riguarda un solo ISP e una sola organizzazione industriale ma riguarda sostanzialmente l’intera industria di entrambi i settori. Negli Stati Uniti c’è anche chi è andato oltre, come AT&T, che già da tempo lavora su un sistema di intercettazione e ispezione dei pacchetti degli utenti: non servono più le major a segnalare eventuali atti illegali, è il provider stesso a farsi poliziotto e a scovare quegli abbonati che arrischiano comportamenti pirata ai danni di questo o quel detentore di diritti.

E in Italia?
Il presupposto su cui si fonda quanto è stato deciso nel Regno Unito da Virgin Media, che sarà presto seguita da altri operatori se la posizione più volte espressa dal Governo sull’argomento non cambierà, è che le major possano rastrellare IP sulle reti di file sharing. Una eventualità che almeno per il momento non sembra trovare dimora nel nostro paese .

Sebbene ci si trovi dinanzi a normative e prassi molto fluide, in cui tutto deve ancora essere deciso, come noto il caso Peppermint ha avuto molte importanti conseguenze. Tra queste, la presa di posizione del Garante per la privacy secondo cui quel tipo di rastrellamento è semplicemente illegale : l’Autorità nello specifico ha stabilito che la raccolta degli IP con software automatici non può essere tollerata perché viola numerosi principi, come quello di trasparenza e di correttezza, di proporzionalità, di finalità e non solo.

Se l’Italia per ora può rappresentare notevoli diversità rispetto a quanto accade in altri paesi, la situazione è molto fluida e preoccupa molti osservatori. La facilità con cui l’impostazione francese sta prendendo piede nel mondo, coinvolgendo già molti diversi paesi, si traduce in una preoccupazione: c’è chi preconizza il peggio , ipotizzando che la crociata delle major sia destinata a tradursi in un restringimento delle libertà digitali e della fruibilità di Internet.

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Pubblicato il 1 apr 2008
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