UK, utenti mobile venduti alla concorrenza

UK, utenti mobile venduti alla concorrenza

Un dipendente T-mobile avrebbe rubato milioni di utenze rivendendole poi agli operatori concorrenti. Il Commissario del governo si indigna e chiede pene severe per il responsabile: ma gli strumenti paiono inadeguati
Un dipendente T-mobile avrebbe rubato milioni di utenze rivendendole poi agli operatori concorrenti. Il Commissario del governo si indigna e chiede pene severe per il responsabile: ma gli strumenti paiono inadeguati

Recentemente a T-Mobile non ne va proprio bene una. La sussidiaria di Deutsche Telekom, operante a livello globale dagli States ai paesi asiatici, è già nota per essere incappata nello scandalo dei dati cancellati sugli smartphone Sidekick , e ora un altro grave scandalo si abbatte sulla divisione britannica della società a cui un dipendente fedifrago ha sottratto un cospicuo numero di utenze rivendendole poi al miglior offerente.

Non si fanno numeri precisi, ma tra i 16,6 milioni di utenti T-Mobile quelli coinvolti dal fatto potrebbero ammontare a qualche milione . L’impiegato incriminato ha rubato nomi, indirizzi, numeri di telefono e informazioni sulla scadenza del contratto con T-Mobile, dati che sono poi stati girati – per mezzo di appositi intermediari – ai carrier concorrenti che hanno infine provveduto a contattare gli utenti con il contratto in scadenza per presentargli contro-offerte del genere “che non si poteva rifiutare”.

Il caso è stato reso pubblico dal Commissario all’Informazione Christopher Graham, che ha altresì sottolineato il lauto guadagno incassato dai responsabili. Il commissario ha informato dell’accaduto il Ministro della Giustizia ed è attualmente impegnato a raccogliere prove e testimonianze per far processare i criminali.

L’eventuale causa intentata contro il ladro e i “broker” di dati personali si gioverà delle misure previste dal Data Protection Act , la legge UK che proibisce la vendita di informazioni riservate senza esplicito consenso da parte dell’interessato . Ma si tratta, denuncia Graham, di misure capaci di comminare solo qualche multa “insignificante”. Troppo poco forse per debellare il fenomeno e fungere da deterrente efficace contro i malintenzionati.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 18 nov 2009
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