Un badge per tutti, la Sociometria è servita

Un badge per tutti, la Sociometria è servita

Una ricerca del Media Lab ha dimostrato che badge traccianti possono agevolare la socializzazione. Per fare conoscenza bisogna mettere da parte la privacy?
Una ricerca del Media Lab ha dimostrato che badge traccianti possono agevolare la socializzazione. Per fare conoscenza bisogna mettere da parte la privacy?

Gli ambienti accademici e corporate sono affascinati dal networking . Quella sorta di nobilitazione tipicamente anglosassone del buon vecchio “fare conoscenze”. L’ultima ricerca del Media Lab del MIT si è concentrata proprio su questo aspetto, coniugando tecnologie di tracciamento e socializzazione nel mondo fisico.

studiosi al lavoro Benjamin Waber , uno dei ricercatori del MIT, è riuscito a dimostrare che si possono migliorare i risultati della socializzazione interpersonale all’interno di un evento semplicemente distribuendo dei badge ficcanaso . L’idea di fondo è quella di monitorare gli spostamenti e i contatti fra i partecipanti per elaborare poi una sorta di fotografia delle dinamiche di socializzazione. Dati che poi consentiranno di ricreare altri momenti di incontro e stabilire affinità.

Waber ha consegnato i badge a 70 partecipanti di un evento organizzato dal Media Lab. Questi dispositivi integravano sensori a raggi infrarossi per rilevare le interazioni faccia a faccia, un sistema wireless radio per lo scambio dei dati personali, un accelerometro per tracciare il movimento e un microfono per il monitoraggio dei “pattern” vocali. Insomma, alla fine della manifestazione tutti i dati sono stati trasmessi via wireless ad un computer centrale. Il risultato è stato un rapporto sulle dinamiche sociali.

Come spiega Technology Review , il magazine online del MIT, questo progetto è senza dubbio un esempio del crescente interesse che si sta coagulando attorno alla sociometria . Una disciplina che grazie alla tecnologia di raccolta dati, sta portando l’analisi sociologica verso nuove frontiere.

In ambito tecnologico vi sono altri esempi interessanti. Intel, ad esempio, ha realizzato speciali sensori per il monitoraggio della salute e del comportamento degli anziani. nTag , una società spin-off del MIT, ha sviluppato badge simili a quelli di Waber capaci di scambiarsi automaticamente e-card di ogni genere. “Sebbene i nostri badge non archivino dati vocali o di movimento, sono in grado di mostrare informazioni in tempo reale correlate al social network instauratosi magari durante la stessa conferenza”, ha spiegato Rick Borovoy, CTO e co-fondatore di nTag. Borovoy sostiene infatti che studiare un social network possa influire su ogni dinamica. “Crea un senso di comunità e identità, ed è un modo per consentire in maniera sottile l’alterazione dei modi convenzionali di fare conoscenza”, ha spiegato. “Si pensa che la gente conosca i propri modi di interagire, ma spesso non è così”.

Alcuni esperti credono che in futuro questo genere di badge varcherà le porte delle conferenze per entrare nel quotidiano delle persone. Magari avranno la forma di un cellulare, come sostiene Alex Kass, ricercatore di Accenture. “I cellulari trasmetteranno agli altri qualcosa riguardo la propria identità o le proprie passioni; qualcosa che tu desideri venga condiviso in pubblico”.

E dire che sono passati solo quattro anni da quando i delegati del WSIS vennero spiati tramite badge RFID durante un summit. Ai tempi, qualcuno parlò di complotto; adesso sappiamo che forse era sociometria.

Dario d’Elia

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Pubblicato il
31 gen 2008
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