Una rete open source per il vero anonimato

Una rete open source per il vero anonimato

Ha un sapore decisamente rivoluzionario il progetto guidato dallo scozzese Clarke. Presto potrebbe diventare nemico pubblico numero uno delle corporation. Cos'è Freenet e perché è una rivoluzione
Ha un sapore decisamente rivoluzionario il progetto guidato dallo scozzese Clarke. Presto potrebbe diventare nemico pubblico numero uno delle corporation. Cos'è Freenet e perché è una rivoluzione


Web (internet) – L’anonimato “totale” è un sogno per molti e un incubo per le autorità di pubblica sicurezza in tutto il mondo. Ma su internet è un concetto che praticamente non esiste. Per questo, lo scozzese Ian Clarke ha pensato ad una rete alternativa, open source, basata sul “volontariato”, che permetta a chiunque di scambiarsi qualsiasi genere di file digitale al di fuori di ambiti internet (DNS, IP ecc.) che rendono impossibile sperare di rimanere anonimi.

Stando a Wired, il sistema Freenet su cui Clarke sta lavorando è pensato per non avere una infrastruttura amministrativa centralizzata, perché l’hosting e la duplicazione dei materiali si basa sull’iniziativa individuale dei partecipanti al network. Non solo, l’idea di fondo è che i file che girano nel network siano conservati su una molteplicità di server gestiti da singoli individui non rintracciabili attraverso la rete. Qualora un server venga chiuso, automaticamente i suoi contenuti vengono replicati dagli altri server. Ed è impossibile sapere chi ha messo in rete cosa, cosa gira dove e quale server sia dove…

Clarke, che sta lavorando da 18 mesi alla cosa come studente dell’Università di Edinburgo , ha spiegato di essere stato colpito moltissimo dalla decisione del governo australiano di attuare forme di profonda censura in rete dallo scorso gennaio: “il primo scopo è quello di rendere difficile censurare l’informazione. Con internet c’è la possibilità di censurare e monitorare le persone in un modo che non è mai stato possibile prima. Voglio sviluppare la tecnologia per rendere tutto ciò impossibile”.

Il geniale sviluppatore scozzese ha spiegato che spera di riuscire a varare il sistema entro questa primavera ma mancano ancora tool essenziali, come browser o client, che lo rendano di facile utilizzo. Però sarà decisivo, in questo senso, il fatto che Freenet è un software che nasce nell’ambito della GNU Public License , ovvero nel “cuore” dell’open source. In questo modo chiunque potrà utilizzare e distribuire il software e il codice sorgente. E c’è da scommettere che saranno in molti ad unirsi al progettone Freenet.

Da quanto si apprende, al momento stanno lavorando al sistema una decina di programmatori sparsi per il mondo che utilizzano Java per costruire Freenet insieme, pur non essendosi mai visti o sentiti per telefono. Clarke ha spiegato che Freenet consente di rimanere anonimi in senso assoluto, perché sarà persino difficile determinare chi gestirà i singoli server del sistema e quali informazioni vi risiederanno all’interno. Ma il tutto sarà navigabile “come il web” con un browser o un client grafico.


Un quasi altolà del tutto inatteso è arrivato dalla Electronic Frontier Foundation . In particolare il suo dirigente Alex Fowler sostiene che Freenet mette in campo problemi di gravità maggiore a quelli che intende risolvere. Secondo Fowler, Freenet è utile in paesi in cui la libertà di espressione viene sistematicamente violata: “non c’è modo di sapere se un progetto del genere potrà concretizzarsi. Certamente solleva questioni chiave per moltissima gente. Non solo per chi possiede i copyright, ma anche per i governi di tutto il mondo”.

Altri, come il vicedirettore dello Science and Human Rights Program, Patrick Ball, arrivano addirittura a definire Freenet pericolosa perché il suo semplice uso già basterebbe alle autorità per “mettersi in allarme”: “sono per qualsiasi sistema che protegge i dissidenti. Ma ci sono problemi di ordine maggiore difficili da aggirare: il fatto è che usare questi sistemi attira l’attenzione su di sé”.

Secondo Clarke, invece, Freenet è pensata per rendere difficilissima l’individuazione di chi distribuisce i suoi contenuti e se è vero che questo consentirà a chi vuole violare i copyright o altre leggi di fare il suo comodo, secondo Clarke la posta in gioco è troppo elevata: “lo scopo di Freenet è di promuovere la libertà di informazione, un obiettivo più importante della protezione del copyright, che è uno strumento economico”.

Clarke ha anche spiegato che l’unico modo per chiudere Freenet sarebbe chiudere contemporaneamente tutti i server che ne fanno parte, “cosa che sarà ben difficile per chiunque se Freenet si diffonderà come spero”. E ha insistito: “poiché è una rete decentralizzata nessuno può essere ritenuto responsabile di quello che ci gira sopra. Una volta partita non ha senso prendersela con me perché non ci sarà nulla che io, o chiunque altro, potrò fare per chiuderla”.

Wired ha intervistato a questo proposito Eric Sheirer, ricercatore del MIT, secondo cui Freenet non avrà una grande diffusione: “se verrà adottato da qualcuno sarà qualcuno che vuole scambiarsi informazioni illegali o qualcuno che ha davvero a cuore privacy e sicurezza, ovvero un piccolo mondo di persone”.

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Pubblicato il 9 mar 2000
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