USA, assunzioni hi-tech sotto la lente

USA, assunzioni hi-tech sotto la lente

Le aziende della Silicon Valley fanno cartello per non pestarsi i pieni l'un l'altra? Indagano le autorità statunitensi, e i soggetti sotto scrutinio comprendono grossi nomi della tecnologia e del biotech
Le aziende della Silicon Valley fanno cartello per non pestarsi i pieni l'un l'altra? Indagano le autorità statunitensi, e i soggetti sotto scrutinio comprendono grossi nomi della tecnologia e del biotech

In questi giorni c’è dell’elettricità nella Bay Area californiana, quella zona che da tempo rappresenta lo spazio di incubazione e l’habitat naturale delle imprese tecnologicamente avanzate. Fonti anonime citate (tra gli altri) dal Washington Post riferirebbero dell’esistenza di una nuova indagine del Dipartimento di Giustizia (DoJ) federale in materia di pratiche anti-competitive, riguardante questa volta non già il comportamento delle aziende sul mercato bensì eventuali accordi segreti stabiliti per non farsi concorrenza attraverso l’assunzione di ex-impiegati eccellenti .

Nel mirino del DoJ sarebbe finita la distorsione del mercato del lavoro hi-tech della Bay Area, in cui chi esce da una delle aziende sotto esame poi difficilmente entra in quella direttamente concorrente. L’alta tensione è dovuta sia ai nomi che sarebbero coinvolti nell’indagine, giganti come Google, Apple e Yahoo!, sia al fatto che in realtà essa potrebbe espandersi arrivando a inglobare l’intera industria dell’hi-tech e non solo nella Bay Area.

Un portavoce della società di bio-tech Genentech , una delle aziende che sarebbe invischiata nella faccenda, ha confermato di aver ricevuto una richiesta di informazioni da parte del DoJ e, anche se non ha fornito dettagli sul tipo di documenti da consegnare al governo, ha detto che Genentech è solo una delle tante società a essere stata contattata nel merito della questione. Il coinvolgimento di Genentech è interessante soprattutto perché potrebbe rappresentare l’ indizio del succitato allargamento dell’indagine del DoJ, essendo il mercato del lavoro bio-tech della Bay Area particolarmente fluido, in assonanza alla nascita o al fallimento delle start-up e all’acquisizione di pesci piccoli da parte dei giganti del settore (Genentech si avvia appunto a far parte del colosso farmaceutico Roche).

L’esistenza dell’indagine federale è stata in seguito confermata anche da Yahoo!, che per mezzo di un portavoce ha rivelato a CNET che l’azienda è stata effettivamente contattata dal DoJ e starebbe cooperando con quest’ultimo senza problemi. La questione a ogni modo appare spinosa e l’indagine potrebbe anche non portare a niente, considerando che a parte i casi legali di cui si è a conoscenza e in cui è emerso che le aziende tendono a far firmare ai dipendenti contratti con clausole di non-competizione in caso di licenziamento, difficilmente una società scriverebbe a caratteri cubitali sul suo statuto che nel suo DNA ha la promozione di pratiche anti-competitive.

Si tratterà insomma di raccogliere prove ed estrapolare fatti da comunicazioni riservate, con un lavoro di investigazione che in definitiva potrebbe anche non avere alcun effetto pratico . Gli analisti evidenziano la consuetudine esistente tra le aziende tecnologiche a firmare accordi di non belligeranza a mezzo ex-impiegati “per non farsi costantemente la guerra in tribunale”, limitando in primis la mobilità e il compenso degli impiegati e in teoria favorendo la nascita di veri e propri monopoli, quei monopoli che l’amministrazione Obama ha già detto di voler perseguire con fermezza.

Certo è che il mercato del lavoro altamente qualificato come è quello dell’hi-tech continua a mettersi di traverso tra le aziende e la politica, con Steve Ballmer di Microsoft che è tornato sugli scudi sconsigliando al presidente Obama di tassare i profitti esteri, perché la necessità di compensare la perdita derivante da una tale scelta economica porterebbe inevitabilmente all’aumento del costo del personale USA e il conseguente incremento della quota di lavori stranieri per meglio rispondere alle aspettative degli azionisti.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
5 giu 2009
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