USA: l'IT cinese fa paura

USA: l'IT cinese fa paura

Un'indagine dell'intelligence statunitense avverte dei potenziali pericoli rappresentati dall'espansione delle telco cinesi in USA. I presunti legami del governo di Pechino, fanno sapere dalla Casa Bianca, aumentano i rischi di cyberspionaggio
Un'indagine dell'intelligence statunitense avverte dei potenziali pericoli rappresentati dall'espansione delle telco cinesi in USA. I presunti legami del governo di Pechino, fanno sapere dalla Casa Bianca, aumentano i rischi di cyberspionaggio

Dopo la decisa presa di posizione da parte dell’Australia, l’allerta nei confronti dell’industria delle telecomunicazioni cinese arriva anche dagli Stati Uniti. La commissione di indagine della Casa Bianca ha infatti informato che l’espansione delle aziende cinesi all’interno dei confini statunitensi rappresenterebbe una minaccia alla sicurezza nazionale.

La comunicazione arriva a distanza di un anno dall’inizio delle indagini nei confronti di Huawei Technologies e ZTE Corp , i due più grandi produttori cinesi di soluzioni tecnologiche per le telecomunicazioni, che, secondo le fonti governative, potrebbero essere impiegate nelle operazioni di spionaggio nei confronti degli Stati Uniti . Per questo motivo, la commissione raccomanda di bloccare ogni acquisizione o fusione che coinvolgano i due colossi asiatici oltre al suggerimento di evitare l’acquisto di materiale tecnologico proveniente dalla Cina.

Secondo i relatori del report, l’intelligence a stelle e strisce deve rimanere concentrata sugli sforzi di espansione commerciale condotti da Huawei e ZTE e avvisare il settore privato sui presunti rischi di spionaggio.

I sospetti maggiori riguardano le presunte relazioni tra l’industria asiatica della tecnologia e il governo di Pechino , il quale, secondo diverse indiscrezioni , avrebbe finanziato illecitamente attraverso imponenti aiuti statali le attività delle aziende locali. Per questo motivo, l’Unione Europea è stata sul punto di avviare un’indagine anti-dumping contro i colossi asiatici mentre l’Australia ha addirittura scelto di escludere le due aziende dalla gara per la partecipazione ai lavori di costruzione della rete nazionale di connettività ad alta velocità. Il governo britannico, invece, ha costretto Huawei – che risulta essere il principale fornitore di BT – a partecipare alle attività di un centro di sicurezza per permettere ai servizi di intelligence di analizzare i prodotti rilasciati. Inoltre, l’azienda ha assunto John Suffolk, ex direttore dell’informazione di Downing Street, come capo della sicurezza globale.

In merito al caso statunitense, sembra che a far propendere i membri della commissione bipartisan per un messaggio di allerta siano state le informazioni ricevute da esperti del settore delle telecomunicazioni e le soffiate provenienti dagli ex e attuali dipendenti di Huawei , secondo i quali quest’ultima potrebbe violare le leggi statunitensi. Da parte sua, l’azienda sostiene di non essere in alcun modo controllata dal governo cinese e che, in ogni caso, i suoi prodotti non permetterebbero alcuna operazione di sorveglianza. Dello stesso tenore sono le dichiarazioni dei vertici di ZTE.

A rincarare la dose pensano gli stessi vertici di Pechino attraverso il portavoce del ministro degli esteri, per il quale gli Stati Uniti dovrebbero accantonare i pregiudizi e considerare Huawei e ZTE due multinazionali che sono riuscite ad allargare il proprio business seguendo i principi dell’economia di mercato.

Al di là della fondatezza delle indicazioni fornite dall’intelligence d’Oltreoceano, sembra chiaro che la circolazione pubblica del report aumenti le tensioni tra Washington e Pechino. La difesa statunitense, infatti, è sempre stata prudente in merito alla sospetta minaccia di cyberspionaggio rappresentata dalla Cina. Ma, a giudicare dalla cronaca degli ultimi giorni, l’atteggiamento pare essere cambiato.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
8 ott 2012
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