USA, per le tecnoperquisizioni serve il sospetto

USA, per le tecnoperquisizioni serve il sospetto

Gli agenti della Homeland Security non possono ficcanasare liberamente nei dispositivi digitali dei viaggiatori alla frontiera. Diverso il caso in cui sussistano fondati sospetti
Gli agenti della Homeland Security non possono ficcanasare liberamente nei dispositivi digitali dei viaggiatori alla frontiera. Diverso il caso in cui sussistano fondati sospetti

La Corte di Appello del Nono Circuito ha preso una decisione in merito a riservatezza e “sicurezza nazionale” destinata ad avere conseguenze tangibili sulla politica ma soprattutto sul comportamento degli agenti alla frontiera statunitense: quegli agenti non hanno diritto di perquisire approfonditamente laptop e altri dispositivi elettronici senza legittimo sospetto, ha stabilito la Corte.

Ribaltando quelle che erano state le conclusioni del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale dell’Amministrazione Obama, i giudici hanno stabilito che gli agenti preposti ai controlli alle frontiere (su passeggeri in entrata e in uscita dagli USA) non hanno alcun diritto di perquisire computer e affini come e quando preferiscono.

In un computer portatile sono oramai contenuti i dettagli più intimi della vita digitale di ognuno, scrivono i giudici del Nono Circuito, e il massimo dei controlli consentito agli ufficiali è controllare in via “manuale” i file, senza ricerche approfondite a mezzo strumenti di computer forensics – l’equivalente del dare un’occhiata al contenuto dei bagagli “analogici”.

La Corte di Appello si è pronunciata sul caso di un uomo californiano beccato nel 2007 al passaggio della frontiera con il Messico (verso gli USA), già condannato in precedenza per molestie ai danni di minori e quindi immediatamente sottoposto al sequestro di laptop e fotocamere digitali.

A un controllo manuale le memorie di massa dei dispositivi non presentavano contenuti sospetti, ma una volta spediti a Tucson (a a 273 chilometri di distanza) l’analisi forense ha individuato immagini pedopornografiche cancellate o protette da cartelle con password.

I giudici del Nono Circuito hanno stabilito che il caso – già passato per una condanna e poi una dismissione delle prove in appello – andrà riesaminato , perché in quella contingenza c’era un “ragionevole sospetto” per eseguire l’indagine sulle memorie di massa in suo possesso.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
12 mar 2013
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