Gentile redazione di Punto Informatico, vorrei sottoporvi una questione generalmente trascurata ma che incomincia a offrirmi spunti per una certa preoccupazione rispetto alla libertà personale di ciascun individuo.
Mi riferisco al pagamento del canone RAI, o forse direi meglio dell’imposta verso la RAI- Radiotelevisione Italiana Spa. Mi rendo conto che si tratta di una questione che tocca moltissimi ma non sento voci di protesta: preoccupato da questo silenzio vi sottopongo la mia storia nella certezza che ricalchi la storia di molti e nella speranza che possa essere un piccolo contributo o spunto a qualche serio cambiamento.
La questione è la seguente.
Qualche anno fa (circa due) ho effettuato il cambio di residenza, distaccandomi da quella che è la residenza del mio nucleo familiare. All’interno di questo spostamento ho deciso di rinunciare alla TV, spostando sul PC e su una connessione FLAT il ruolo di mezzo/fonte di informazione e di intrattenimento.
A distanza di alcuni mesi da questo cambiamento mi sono visto recapitare al mio nuovo indirizzo la mia prima lettera da parte di RAI Spa che mi comunica ? come sarà capitato a molti – che il mio nominativo, nell’indirizzo su indicato, non risulta presente negli elenchi degli abbonamenti alla televisione e mi presenta due opzioni per risolvere la situazione:
1) nel caso si trattasse di errore, cioè nel caso venisse già corrisposto il pagamento del canone Rai per il mio indirizzo, non devo fare altro che comunicarlo utilizzando la cartolina preaffrancata allegata alla stessa lettera di sollecito, indicando gli estremi del mio abbonamento;
2) nel caso contrario, vale a dire nel caso in cui non sia già abbonato alla televisione, mi viene ricordato, con supporto di riferimento normativo (art. 1 R.T.L. 246/1938 e art. 27 L. 223/1990), che la detenzione di uno o più apparecchi televisivi comporta per legge l’obbligo di corrispondere il canone di abbonamento alla televisione e che la violazione di tale obbligo è punita con una sanzione pecuniaria.
Mi vengono quindi forniti gli estremi per regolarizzare definitivamente la mia posizione e di evitare così l’applicazione di qualsiasi onere ulteriore, compresi interessi e sanzioni . Mi si ricorda altresì che il canone ha natura giuridica tributaria di imposta e che pertanto potrei essere soggetto a verifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Visto che non rientro in nessuno dei due casi mi sento piuttosto sereno e continuo a leggere in cerca di un’opzione che faccia al caso mio. Non la trovo. Non è presente l’opzione “3) non è in possesso di alcun apparecchio televisivo, lo comunichi con la cartolina allegata”.
Non mi preoccupo, pensando che si tratta di una procedura di prassi, anche se l’insinuazione che la sottende un po’ mi infastidisce, vale a dire che se non sono abbonato allora sono un evasore. Archivio la cosa pensando di informarmi da conoscenti e amici e promettendomi di cercare qualche chiarimento attraverso altre fonti, giusto per saperne un po’ di più.
Passano alcuni mesi è mi vedo recapitare una seconda lettera con gli stessi contenuti.
Questa volta approfondisco maggiormente la questione e trovo un articolo del Sole 24 ore che spiega la procedura per far “suggellare” l’apparecchio in caso di guasto/rottamazione o furto a cui non si intende far seguire l’acquisto di un nuovo apparecchio, oppure di cessione o vendita a terzi. Il risultato è che per far suggellare il televisore devo pagare 5.16 euro per un vaglia postale indirizzato alla Agenzia delle Entrate, Sportello Abbonamenti TV; in caso di furto o di cessione/vendita devo mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno e addirittura, per la cessione/vendita dovrei indicare le generalità e l’indirizzo della persona a alla quale è andato il televisore (questo, per inciso, mi pare sia illegale).
Nemmeno questa volta trovo il mio caso ? eppure penso di non essere l’unico a non possedere una TV ? ma capisco che potrei adattare le procedure al mio caso e porre fine alla questione. Tuttavia non scelgo nessuna delle due “soluzioni” per un motivo banale: non sopporto di dover pagare per dimostrare di essere “nel giusto”, anche se si tratta di una spesa decisamente di poco conto.
Tra l’altro, con la famosa lettera RAI è fornito un numero di informazioni telefoniche, ma anche questo è a pagamento e con tariffe “speciali”, quindi vale il discorso di cui sopra: non voglio pagare, non mi sembra corretto. Infastidito archivio definitivamente la questione, aspettando e sperando nei controlli minacciati per poter vedere la mia rivalsa. Penso anche che primo o poi la storia cambierà, che non possono continuare all’infinito ad applicare un normativa nata in un contesto storico ben diverso da quello attuale; normativa che a mio giudizio risultava antiquata già con l’avvento delle TV private e che all’oggi, data la vasta alternativa di emittenti a pagamento e-non presente sul mercato e visti i diversi utilizzi che possono essere fatti di un apparecchio televisivo che non siano guardare i canali RAI (ad esempio, perché no, utilizzare il televisore per guardare esclusivamente VHS e DVD da propri supporti). E invece continuano ad arrivare lettere dello stesso tipo, che io ignoro.
Tranne l’ultima arrivata che, non so perché, apro. Ci sono novità: i contenuti sono differenti e la lettera si apre in questo modo:
“Con riferimento alle nostre precedenti comunicazioni, da Lei ricevute in questi ultimi mesi e per le quali non ci è pervenuta alcuna risposta utile alla definizione della pratica, desideriamo ricordarLe nuovamente i vantaggi che offre un pagamento spontaneo e quindi bonario dell’imposta. Come già ribadito, l’obbligo di legge del pagamento del canone di abbonamento deriva dal possesso o in ogni caso dalla disponibilità (…) dell’apparecchio TV, o comunque di un apparecchio atto o adattabile alla ricezioni delle trasmissioni televisive, compresi personal computer, decoder digitali e altri apparecchi multimediali”.
E poco oltre continua:
“Le rinnoviamo pertanto l’invito a definire in modo bonario, e quindi senza ulteriori aggravi di sanzioni e spese, la Sua situazione rispetto all’abbonamento TV, provvedendo a contrarre un nuovo abbonamento alla televisione versando l’importo di Euro 199.20, ecc., ecc.”
Questa volta sono proprio infastidito. Che cosa ci trovo di così grave?
a) innanzi tutto il tono schiettamente minatorio e intimidatorio (i vantaggi che offre un pagamento spontaneo e quindi bonario dell’imposta… e quindi senza ulteriori aggravi di sanzioni e spese).
Vero è che io possiedo un computer e una connessione a banda larga (rientro quindi nella a dir poco ampia casistica assunta come condizione per il pagamento dell’imposta), ma potrei non averla e i signori in questione, in ogni caso, non dovrebbero esserne a conoscenza.
Il registro dunque mi pare proprio inappropriato, in quanto, per quanto le probabilità si siano ristrette in seguito all’ampliamento arbitrario e smisurato degli obblighi verso il pagamento del canone, potrei comunque non rientrare nel gruppo “evasori” e continuare ad essere “nel giusto” ? anche se alieno al resto del mondo, cioè tagliato fuori da quella fetta di progresso che entrata nelle nostre case attraverso i principali mezzi di informazione e comunicazione: TV e PC.
b) Ma non è il mio caso, non più, quindi evito di infastidirmi per quanto al punto a) e concentro il mio fastidio su altro, cioè sul citato l’obbligo di legge del pagamento del canone di abbonamento deriva dal possesso o in ogni caso dalla disponibilità (…) dell’apparecchio TV, o comunque di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni televisive, compresi personal computer, decoder digitali e altri apparecchi multimediali .
Che diavolo significa un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissione televisive?
Qualsiasi computer di nuova generazione (e non solo), se non atto, è sicuramente adattabile alla ricezione di trasmissioni televisive. Il mio PC è sicuramente adattabile a questo scopo, ma così come si presenta ora, non è in grado di ricevere trasmissioni televisive, e non lo sarà finché non sarò io a decidere in questi termini. Già non sopportavo, come individuo, che un canone per accedere a specifici contenuti televisivi, si presentasse, di fatto, come una tassa generica sulla proprietà, la proprietà dell’apparecchio televisivo; tra l’altro raggirando quella che sarebbe la soluzione più semplice, ovvero: se non paghi il canone non puoi vedere la RAI (ma perché non l’hanno mai proposto?). Ora però mi pare si sia sorpassato il limite.
Tassare il possesso di un apparecchio che potrebbe – ma che non può, attualmente non può ? carpire alcuna programmazione RAI, questo tipo di tassa ha tutto l’aspetto di una “tassazione preventiva” (potremmo chiamarla in questo modo?!). È un modo subdolo per farci passare come canone per un servizio quella che in realtà è una tassa fine a se stessa; e dico fine a se stessa perché non saprei quanti ne risultino esclusi, ovvero dubito che all’oggi ci siano molte persone che non sono in possesso di almeno uno dei due oggetti incriminati, cioè TV e computer. E poi le aziende? Per ogni attività in cui si fa uso di un computer “adattabile” si dovrebbe pagare il canone.
Se pago questa tassa perché non pagare anche una “tassa preventiva” sulle infrazioni stradali? Ho la patente, ho l’auto, le probabilità che prima o poi commetta qualche infrazione sono realistiche. Perché non scontare qualche anno di detenzione? Chissà, potrei commettere qualche reato.
Sono un individuo maschio di un metro e ottanta per 75 kg, molti miei simili hanno commesso reati, potenzialmente potrei commetterli anche io. Sono “adattabile” a molte situazioni punibili dalla nostra legge. Allora perché non pago o sconto la mia pena prima che questo accada?
La risposta è semplice: perché ancora non ho commesso queste infrazioni, perché ancora non ho commesso questi reati.
Perché non pago il canone RAI? Perché non ho la TV e il computer (sicuramente adattabile) lo uso per altro. Ma più semplicemente, perché non voglio vedere i programmi RAI, perché non mi interessano, perché mi pesa spendere 100 euro l’anno per qualcosa che non voglio e non mi interessa.
Penso che l’incapacità della RAI di verificare chi acceda abusivamente ai suoi contenuti sia un problema che riguarda la RAI e l’adeguamento delle sue tecnologie agli standard attuali, mentre non riguarda il sottoscritto, né tanto meno ritengo di dover essere io a finanziarla.
Vorrei poter avere questa scelta, questo diritto di scegliere come amministrare i miei beni rimanendo nella legalità. Non vedo la possibilità di esercitare questo diritto.
Stefano Azzolini
Caro Stefano
non è del tutto vero che la questione del canone RAI sia poco seguita dai media, quella che è assente semmai è una reazione come la tua da parte dei cittadini sottoposti ad una vera e propria tassa sul possesso. Perché di questo si tratta, come evidenziano quei riferimenti normativi citati nelle lettere che arrivano a milioni di italiani.
Sul piano giuridico c’è poco da fare. Persino la Commissione Europea ha dichiarato legittimo il canone in quanto conforme alle normative comunitarie.
In passato si sono avute manifestazioni pubbliche contro il canone, c’è anche chi ha pubblicamente stracciato la lettera di cui parli e che molti conoscono bene. Rimane il fatto che, oggi, quella è una imposizione prevista dalla legge.
È questa che deve cambiare, e nella tua lettera esponi una serie di ottime argomentazioni, tra le quali quella più significativa è il contributo dell’imposizione del canone alla riduzione degli spazi di libertà dell’individuo.
Un saluto, Lamberto Assenti ietato liberarsi della RAI –> Roma – Gentile redazione di Punto Informatico, vorrei sottoporvi una questione generalmente trascurata ma che incomincia a offrirmi spunti per una certa preoccupazione rispetto alla libertà personale di ciascun individuo.
Mi riferisco al pagamento del canone RAI, o forse direi meglio dell’imposta verso la RAI- Radiotelevisione Italiana Spa. Mi rendo conto che si tratta di una questione che tocca moltissimi ma non sento voci di protesta: preoccupato da questo silenzio vi sottopongo la mia storia nella certezza che ricalchi la storia di molti e nella speranza che possa essere un piccolo contributo o spunto a qualche serio cambiamento.
La questione è la seguente.
Qualche anno fa (circa due) ho effettuato il cambio di residenza, distaccandomi da quella che è la residenza del mio nucleo familiare. All’interno di questo spostamento ho deciso di rinunciare alla TV, spostando sul PC e su una connessione FLAT il ruolo di mezzo/fonte di informazione e di intrattenimento.
A distanza di alcuni mesi da questo cambiamento mi sono visto recapitare al mio nuovo indirizzo la mia prima lettera da parte di RAI Spa che mi comunica ? come sarà capitato a molti – che il mio nominativo, nell’indirizzo su indicato, non risulta presente negli elenchi degli abbonamenti alla televisione e mi presenta due opzioni per risolvere la situazione:
1) nel caso si trattasse di errore, cioè nel caso venisse già corrisposto il pagamento del canone Rai per il mio indirizzo, non devo fare altro che comunicarlo utilizzando la cartolina preaffrancata allegata alla stessa lettera di sollecito, indicando gli estremi del mio abbonamento;
2) nel caso contrario, vale a dire nel caso in cui non sia già abbonato alla televisione, mi viene ricordato, con supporto di riferimento normativo (art. 1 R.T.L. 246/1938 e art. 27 L. 223/1990), che la detenzione di uno o più apparecchi televisivi comporta per legge l’obbligo di corrispondere il canone di abbonamento alla televisione e che la violazione di tale obbligo è punita con una sanzione pecuniaria.
Mi vengono quindi forniti gli estremi per regolarizzare definitivamente la mia posizione e di evitare così l’applicazione di qualsiasi onere ulteriore, compresi interessi e sanzioni . Mi si ricorda altresì che il canone ha natura giuridica tributaria di imposta e che pertanto potrei essere soggetto a verifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Visto che non rientro in nessuno dei due casi mi sento piuttosto sereno e continuo a leggere in cerca di un’opzione che faccia al caso mio. Non la trovo. Non è presente l’opzione “3) non è in possesso di alcun apparecchio televisivo, lo comunichi con la cartolina allegata”.
Non mi preoccupo, pensando che si tratta di una procedura di prassi, anche se l’insinuazione che la sottende un po’ mi infastidisce, vale a dire che se non sono abbonato allora sono un evasore. Archivio la cosa pensando di informarmi da conoscenti e amici e promettendomi di cercare qualche chiarimento attraverso altre fonti, giusto per saperne un po’ di più.
Passano alcuni mesi è mi vedo recapitare una seconda lettera con gli stessi contenuti.
Questa volta approfondisco maggiormente la questione e trovo un articolo del Sole 24 ore che spiega la procedura per far “suggellare” l’apparecchio in caso di guasto/rottamazione o furto a cui non si intende far seguire l’acquisto di un nuovo apparecchio, oppure di cessione o vendita a terzi. Il risultato è che per far suggellare il televisore devo pagare 5.16 euro per un vaglia postale indirizzato alla Agenzia delle Entrate, Sportello Abbonamenti TV; in caso di furto o di cessione/vendita devo mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno e addirittura, per la cessione/vendita dovrei indicare le generalità e l’indirizzo della persona a alla quale è andato il televisore (questo, per inciso, mi pare sia illegale).
Nemmeno questa volta trovo il mio caso ? eppure penso di non essere l’unico a non possedere una TV ? ma capisco che potrei adattare le procedure al mio caso e porre fine alla questione. Tuttavia non scelgo nessuna delle due “soluzioni” per un motivo banale: non sopporto di dover pagare per dimostrare di essere “nel giusto”, anche se si tratta di una spesa decisamente di poco conto.
Tra l’altro, con la famosa lettera RAI è fornito un numero di informazioni telefoniche, ma anche questo è a pagamento e con tariffe “speciali”, quindi vale il discorso di cui sopra: non voglio pagare, non mi sembra corretto. Infastidito archivio definitivamente la questione, aspettando e sperando nei controlli minacciati per poter vedere la mia rivalsa. Penso anche che primo o poi la storia cambierà, che non possono continuare all’infinito ad applicare un normativa nata in un contesto storico ben diverso da quello attuale; normativa che a mio giudizio risultava antiquata già con l’avvento delle TV private e che all’oggi, data la vasta alternativa di emittenti a pagamento e-non presente sul mercato e visti i diversi utilizzi che possono essere fatti di un apparecchio televisivo che non siano guardare i canali RAI (ad esempio, perché no, utilizzare il televisore per guardare esclusivamente VHS e DVD da propri supporti). E invece continuano ad arrivare lettere dello stesso tipo, che io ignoro.
Tranne l’ultima arrivata che, non so perché, apro. Ci sono novità: i contenuti sono differenti e la lettera si apre in questo modo:
“Con riferimento alle nostre precedenti comunicazioni, da Lei ricevute in questi ultimi mesi e per le quali non ci è pervenuta alcuna risposta utile alla definizione della pratica, desideriamo ricordarLe nuovamente i vantaggi che offre un pagamento spontaneo e quindi bonario dell’imposta. Come già ribadito, l’obbligo di legge del pagamento del canone di abbonamento deriva dal possesso o in ogni caso dalla disponibilità (…) dell’apparecchio TV, o comunque di un apparecchio atto o adattabile alla ricezioni delle trasmissioni televisive, compresi personal computer, decoder digitali e altri apparecchi multimediali”.
E poco oltre continua:
“Le rinnoviamo pertanto l’invito a definire in modo bonario, e quindi senza ulteriori aggravi di sanzioni e spese, la Sua situazione rispetto all’abbonamento TV, provvedendo a contrarre un nuovo abbonamento alla televisione versando l’importo di Euro 199.20, ecc., ecc.”
Questa volta sono proprio infastidito. Che cosa ci trovo di così grave?
a) innanzi tutto il tono schiettamente minatorio e intimidatorio (i vantaggi che offre un pagamento spontaneo e quindi bonario dell’imposta… e quindi senza ulteriori aggravi di sanzioni e spese).
Vero è che io possiedo un computer e una connessione a banda larga (rientro quindi nella a dir poco ampia casistica assunta come condizione per il pagamento dell’imposta), ma potrei non averla e i signori in questione, in ogni caso, non dovrebbero esserne a conoscenza.
Il registro dunque mi pare proprio inappropriato, in quanto, per quanto le probabilità si siano ristrette in seguito all’ampliamento arbitrario e smisurato degli obblighi verso il pagamento del canone, potrei comunque non rientrare nel gruppo “evasori” e continuare ad essere “nel giusto” ? anche se alieno al resto del mondo, cioè tagliato fuori da quella fetta di progresso che entrata nelle nostre case attraverso i principali mezzi di informazione e comunicazione: TV e PC.
b) Ma non è il mio caso, non più, quindi evito di infastidirmi per quanto al punto a) e concentro il mio fastidio su altro, cioè sul citato l’obbligo di legge del pagamento del canone di abbonamento deriva dal possesso o in ogni caso dalla disponibilità (…) dell’apparecchio TV, o comunque di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni televisive, compresi personal computer, decoder digitali e altri apparecchi multimediali .
Che diavolo significa un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissione televisive?
Qualsiasi computer di nuova generazione (e non solo), se non atto, è sicuramente adattabile alla ricezione di trasmissioni televisive. Il mio PC è sicuramente adattabile a questo scopo, ma così come si presenta ora, non è in grado di ricevere trasmissioni televisive, e non lo sarà finché non sarò io a decidere in questi termini. Già non sopportavo, come individuo, che un canone per accedere a specifici contenuti televisivi, si presentasse, di fatto, come una tassa generica sulla proprietà, la proprietà dell’apparecchio televisivo; tra l’altro raggirando quella che sarebbe la soluzione più semplice, ovvero: se non paghi il canone non puoi vedere la RAI (ma perché non l’hanno mai proposto?). Ora però mi pare si sia sorpassato il limite. Tassare il possesso di un apparecchio che potrebbe – ma che non può, attualmente non può ? carpire alcuna programmazione RAI, questo tipo di tassa ha tutto l’aspetto di una “tassazione preventiva” (potremmo chiamarla in questo modo?!). È un modo subdolo per farci passare come canone per un servizio quella che in realtà è una tassa fine a se stessa; e dico fine a se stessa perché non saprei quanti ne risultino esclusi, ovvero dubito che all’oggi ci siano molte persone che non sono in possesso di almeno uno dei due oggetti incriminati, cioè TV e computer. E poi le aziende? Per ogni attività in cui si fa uso di un computer “adattabile” si dovrebbe pagare il canone.Se pago questa tassa perché non pagare anche una “tassa preventiva” sulle infrazioni stradali? Ho la patente, ho l’auto, le probabilità che prima o poi commetta qualche infrazione sono realistiche. Perché non scontare qualche anno di detenzione? Chissà, potrei commettere qualche reato. Sono un individuo maschio di un metro e ottanta per 75 kg, molti miei simili hanno commesso reati, potenzialmente potrei commetterli anche io. Sono “adattabile” a molte situazioni punibili dalla nostra legge. Allora perché non pago o sconto la mia pena prima che questo accada? La risposta è semplice: perché ancora non ho commesso queste infrazioni, perché ancora non ho commesso questi reati. Perché non pago il canone RAI? Perché non ho la TV e il computer (sicuramente adattabile) lo uso per altro. Ma più semplicemente, perché non voglio vedere i programmi RAI, perché non mi interessano, perché mi pesa spendere 100 euro l’anno per qualcosa che non voglio e non mi interessa.Penso che l’incapacità della RAI di verificare chi acceda abusivamente ai suoi contenuti sia un problema che riguarda la RAI e l’adeguamento delle sue tecnologie agli standard attuali, mentre non riguarda il sottoscritto, né tanto meno ritengo di dover essere io a finanziarla.Vorrei poter avere questa scelta, questo diritto di scegliere come amministrare i miei beni rimanendo nella legalità. Non vedo la possibilità di esercitare questo diritto. Stefano Azzolini Caro Stefano non è del tutto vero che la questione del canone RAI sia poco seguita dai media, quella che è assente semmai è una reazione come la tua da parte dei cittadini sottoposti ad una vera e propria tassa sul possesso. Perché di questo si tratta, come evidenziano quei riferimenti normativi citati nelle lettere che arrivano a milioni di italiani.Sul piano giuridico c’è poco da fare. Persino la Commissione Europea ha dichiarato legittimo il canone in quanto conforme alle normative comunitarie.In passato si sono avute manifestazioni pubbliche contro il canone, c’è anche chi ha pubblicamente stracciato la lettera di cui parli e che molti conoscono bene. Rimane il fatto che, oggi, quella è una imposizione prevista dalla legge. È questa che deve cambiare, e nella tua lettera esponi una serie di ottime argomentazioni, tra le quali quella più significativa è il contributo dell’imposizione del canone alla riduzione degli spazi di libertà dell’individuo.Un saluto, Lamberto Assenti<!–P3 fine