Xiaomi nella blacklist degli Stati Uniti: cosa accade ora?

Anche Xiaomi nella blacklist degli USA (update)

Un altro celebre produttore cinese finisce nella lista nera degli Stati Uniti: Xiaomi; non si tratta però questa volta della Entity List.
Anche Xiaomi nella blacklist degli USA (update)
Un altro celebre produttore cinese finisce nella lista nera degli Stati Uniti: Xiaomi; non si tratta però questa volta della Entity List.

Xiaomi è tra le realtà cinesi inserite dall’amministrazione Trump nella blacklist USA proprio allo scadere del mandato. La notizia è giunta all’improvviso e inattesa. Nessun allarme: i dispositivi già in commercio continueranno a funzionare senza limitazioni e non sono previsti scossoni per il business della società, almeno nel breve periodo.

Xiaomi nella blacklist degli Stati Uniti

Per non creare confusione è bene precisare che non si tratta della Entity List in cui sono finite Huawei, ZTE e DJI. In questo caso è l’elenco stilato dal Dipartimento della Difesa (come previsto da una sezione del National Defense Authorization Act) in cui vengono inserite le “Communist Chinese military companies” ovvero le società che secondo Washington hanno in atto collaborazioni con l’esercito cinese.

Questo impedisce a individui e aziende americane di investire nelle realtà indicate e introduce l’obbligo di ritirare ogni investimento già operato entro e non oltre l’11 novembre 2021. Non vieta però in alcun modo a Xiaomi, così come alle altre realtà finite nella lista, di impiegare tecnologia USA o di siglare partnership con entità statunitensi. In altre parole il produttore potrà continuare a integrare i chip di Qualcomm all’interno dei suoi dispositivi così come il sistema operativo Android e i servizi di Google senza alcuna limitazione.

Le altre società cinesi finite oggi nell’elenco sono AMEC (Advanced Micro-Fabrication Equipment), LKCO (Luokong Technology Corporation), Beijing Zhongguancun Development Investment Center, GOWIN Semiconductor, Grand China Air, Global Tone Communication Technology, China National Aviation Holding e Commercial Aircraft Corporation of China. Già presenti dalla prima compilazione del giugno scorso tra le altre anche CCTC (China Construction Technology), CCIEC (China International Engineering Consulting), CNOOC (China National Offshore Oil Corp), SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corp), Hikvision, Panda Electronics Group, China Telecommunications e Huawei.

La replica di Xiaomi non si è fatta attendere, la riportiamo di seguito in forma tradotta.

La società ha operato in modo conforme alla legge e lo sta facendo in conformità con le normative e le giurisdizioni, ovunque conduca il suo business. L’azienda ribadisce di offrire prodotti e servizi per impieghi civili e commerciali. La società conferma di non essere posseduta, controllata o affiliata all’esercito cinese e di non essere una “Azienda dell’Esercito Comunista Cinese” come definito nel National Defense Authorization Act. L’azienda attuerà le contromisure appropriate per proteggere gli interessi propri e degli azionisti. La società sta analizzando le potenziali conseguenze per comprendere appieno l’impatto sul gruppo. L’azienda rilascerà altre dichiarazioni quando e nel modo appropriato.

Rimane ora da capire se l’ormai imminente avvicendamento alla Casa Bianca tra Donald Trump e Joe Biden cambierà in qualche modo il rapporto tra gli Stati Uniti e l’industria hi-tech cinese.

Aggiornamento (15/01/2021, 14.00): Xiaomi ribadisce la propria posizione con un comunicato su Twitter.

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Pubblicato il
15 gen 2021
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