Il Threat Analysis Group di Google ha annunciato la chiusura di quasi 3000 canali YouTube, comunicando così in trasparenza quali siano le decisioni intraprese ed i motivi di queste scelte. La maggior parte delle chiusure sarebbe legata a semplice spam in lingua cinese, ma c’è anche molto altro nel bollettino diramato.
YouTube mette alla porta la propaganda
Alcuni dei canali chiusi, infatti, sono all’origine di iniziative mirate di propaganda sia filo-cinese che filo-russa, a conferma di come nei due paesi sia in atto una vera e propria pressione comunicativa finalizzata tanto a difendere le azioni dei due rispettivi regimi (i video russi, ad esempio, erano incentrati sul caso Navalny), quanto a fomentare divisioni nella politica USA (in questo caso facendo pressioni legate ai recenti fatti legati alle elezioni che hanno portato alla presidenza Biden).
Ulteriori iniziative di medesimo stampo sono state bloccate in Brasile, Marocco, Egitto e Ucraina. Per Google si tratta di un lavoro sempre più capillare ed assiduo di filtro sui contenuti in parte per difendere il profilo del proprio servizio ed in parte per evitare di farsi strumento di propaganda da parte di nazioni che possano mettere in una difficile posizione il gruppo di Mountain View rispetto alla politica USA.
E l’Italia?
Nel discorso di oggi al Senato, Mario Draghi ha espresso grande freddezza proprio nei confronti di Cina e Russia, schierando il Paese verso l’alleanza atlantica e citando appena i due Paesi:
L’Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa. Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri Paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati. Seguiamo anche con preoccupazione l’aumento delle tensioni in Asia intorno alla Cina.
Chi pensava che la fuoriuscita di Donald Trump dal fronte politico internazionale potesse cambiare gli equilibri nei confronti dell’Oriente, sicuramente ha peccato di superficialità. Semmai cambierà il tono del dibattito e l’approccio diplomatico alle trattative, ma Cina e Russia restano antitetiche agli equilibri atlantici e l’Italia ha ora un punto fermo in un Governo chiaramente schierato.