Abitazioni o datacenter, questo è il problema

Abitazioni o datacenter, questo è il problema

Le città metropolitane non possono permettersi troppe persone e troppi server perché le infrastrutture di rete non sono progettate per carichi eccessivi.
Abitazioni o datacenter, questo è il problema
Le città metropolitane non possono permettersi troppe persone e troppi server perché le infrastrutture di rete non sono progettate per carichi eccessivi.

Nuove case per contenere una popolazione crescente, oppure nuovi server per gestire dati e servizi di una popolazione crescente? Il problema, più che amletico, è estremamente pragmatico e lo ha messo sul tavolo della politica la Greater London Authority. La deadline, infatti, è segnata: in assenza di decisioni drastiche, occorre necessariamente fermare l’espansione del centro metropolitano in virtù di una rete elettrica non più in grado di supportare i carichi di energia elettrica necessari. Nelle zone più critiche non ci sarà capacità ulteriore di trasporto di energia almeno fino al 2035 il che – inevitabilmente – è un grosso guaio.

Il problema è preminentemente infrastrutturale, ma al contempo politico e sociale: occorre pianificare il futuro perché altrimenti ci si troverà di fronte ad un collo di bottiglia che imporrà la scelta tra città più vuote ma efficienti, oppure più grandi e peggio servite. I server e le case hanno infatti utilità differenti, ma entrambi comportano consumi a cui occorre far fronte.

Mancherà energia

Mal comune e non certo mezzo gaudio, questo è certo: il problema è destinato a riversarsi su qualsiasi realtà metropolitana entro i prossimi anni in virtù di prospettive di crescita dei maggiori centri e di un maggior spopolamento dei centri minori (frutto di un rallentamento chiaro delle natalità). Per intervenire nell’immediato occorre fermare anzitutto lo sviluppo di nuovi datacenter e nuove server farm, così che si riduca il numero dei grandi hub di consumo e si possa così agire con maggior pianificazione sulle infrastrutture. Riadattare quelle esistenti potrebbe richiedere un decennio di lavori, qualcosa che ben si allinea con politiche di espansione lungimirante, ma che mal si adatta ad una società che procede rapida verso una maggior elettrificazione e che sposta sul cloud con sempre maggior insistenza i dati prodotti dalle attività quotidiane.

Nelle città metropolitane, dunque, il nodo non è la ricerca del miglior profilo tariffario o di abitudini di consumo calmierate: il problema è in termini quantitativi e dipende da quanta elettricità viene prodotta, trasportata e consumata su cavidotti pensati e realizzati per esigenze ben differenti da quelle odierne.

La sfida di Londra, insomma, sarà una sfida globale che presto occorrerà affrontare, anche e soprattutto alla luce della transizione elettrica della mobilità: non sarà più soltanto una questione di scelta tra case e server, a un certo punto, ma tra spazi per le attività umane e spazi per la produzione di energia. Non ci potrà essere spazio per tutto nella medesima unità territoriale ed il trasporto di energia è un onere che andrà in qualche modo messo in conto.

Nuove sfide e nuovi equilibri, insomma, per città che raggiungono dimensioni e necessità finora non sufficientemente prese in considerazione da politiche sterilmente espansive e superficialmente arroccate su paradigmi superati.

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Pubblicato il
28 lug 2022
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