Web – C’è una regione del mondo, l’Asia, dove il tasso di pirateria informatica è considerato elevatissimo dai produttori. Addirittura in Cina, la Business Software Alliance, l’associazione che riunisce i principali produttori di software proprietario, valuta che il 94 per cento dei programmi utilizzati siano di provenienza illecita.
Contro tutto questo intende muoversi l’americana Adobe Systems, softwarehouse che produce alcuni dei programmi più diffusi nel mondo, che nelle sue divisioni asiatiche sta valutando l’opportunità di mettere uno stop alla localizzazione dei software. Questa operazione, come noto, consiste nella creazione di versioni dei programmi che siano “personalizzate” sul paese o sul gruppo di paesi nei quali si intende commercializzare i prodotti.
La mossa di Adobe scaturirebbe, secondo quanto riportato dal South China Morning Post, dal fatto che l’assoluta maggioranza dei propri software copiati illegalmente in Asia sono, evidentemente, quelli di edizioni localizzate. Non è naturalmente scontato che la cessazione della produzione di aggiornamenti “in lingua” significhi un abbattimento della pirateria ma, secondo Adobe, una delle aziende del settore da sempre più impegnate nel combattere la duplicazione illegale, da perdere c’è ben poco vista l’altissima percentuale di software illegale.
Le dichiarazioni di Adobe suonano naturalmente come un ulteriore monito delle imprese americane alla Cina da poco entrata nell’Organizzazione mondiale per il Commercio, un paese nel quale fino a questo momento le operazioni anti-pirateria e le leggi speciali non sembrano aver prodotto alcun effetto decisivo sulla circolazione di materiale illegale.
Per seguire questo tema è a disposizione il Canale Pirateria e Copyright di Punto Informatico.