Assistenti virtuali come Alexa, integrati nei dispositivi smart ormai onnipresenti all’interno delle nostre case, sono in grado di cercare e trovare informazioni online semplicemente chiedendole loro attraverso un comando vocale, ma non sempre tutto va come dovrebbe nel migliore dei modi. Un ennesimo monito è quello che giunge da un post condiviso nei giorni scorsi da una donna spaventata, relativo a una pericolosa challenge proposta dall’IA di Amazon alla figlia.
L’IA di Alexa inciampa sulla challenge
La vicenda, fortunatamente risolta senza conseguenze, è stata denunciata via Twitter dalla madre di una bambina di 12 anni, con tanto di screenshot allegato. La piccola ha chiesto ad Alexa di proporle una sfida, per trascorrere qualche minuto in modo divertente, ma l’IA ha replicato in modo alquanto inatteso.
Ecco qualcosa che ho trovato sul Web. Secondo ourcommunitynow.com: la sfida è semplice. Inserisci per metà il caricatore del telefono nella presa della corrente sul muro, quindi metti una moneta sulla parte esposta.
Hi there. We're sorry to hear this! Please reach out to us directly via the following link so that we can look into this further with you: https://t.co/YlLYrTtGzy. We hope this helps. -Daragh
— Amazon Help (@AmazonHelp) December 27, 2021
Fortunatamente, la bimba non era sola e nulla è accaduto. L’intervento di Amazon non si è fatto attendere ed è giunto sia sotto forma di replica al tweet sia con una breve dichiarazione affidata al sito Indy100 che riportiamo di seguito in forma tradotta.
La fiducia dei clienti è al centro di tutto ciò che facciamo e Alexa è progettata per fornire loro informazioni accurate, rilevanti e utili. Non appena venuti a conoscenza di questo errore, abbiamo agito rapidamente per correggerlo.
La folle sfida segnalata dall’assistente virtuale è quella nota come Outlet Challenge e diventata virale nei primi mesi di quest’anno su TikTok, in grado di costare molto cara.
Non è la prima volta che gli automatismi e gli algoritmi impiegati dai dispositivi presenti nelle smart home finiscono sotto accusa per la tipologia di informazioni prelevate dalle risorse online, ma forse mai prima d’ora con esiti potenzialmente tanto gravi.