Anche per General Electric lo storage è olografico

Anche per General Electric lo storage è olografico

Un nuovo contendente si fa avanti nel campo delle tecnologie futuribili per l'archiviazione dei dati. Tante promesse ma nemmeno un disco prototipo. E occorrerà attendere ancora del tempo prima della commercializzazione
Un nuovo contendente si fa avanti nel campo delle tecnologie futuribili per l'archiviazione dei dati. Tante promesse ma nemmeno un disco prototipo. E occorrerà attendere ancora del tempo prima della commercializzazione

Di dischi olografici si parla già da un pezzo, e General Electric è solo l’ultima di una lunga serie di aziende e organizzazioni che si sono gettate nella mischia dello storage prossimo venturo. Poco prossimo, comunque, perché prima che la tecnologia di archiviazione olografica sviluppata da GE Global Research approdi sul mercato occorrerà attendere ancora degli anni.

Il colosso statunitense dell’energia ha in particolare realizzato quello che definisce storage micro-olografico : come il resto delle tecnologie olografiche tende a immagazzinare i bit in un percorso tridimensionale all’interno dei layer di un disco ottico dalle dimensioni standard di un CD Audio, ma di suo ci mette il fatto di impiegare “ologrammi” di dimensioni e complessità ridotte .

La riflettività, a ogni modo, persiste e permetterebbe dunque la corretta applicazione della tecnologia come strumento di storage digitale. GE dice di poter arrivare a registrare 500 Gigabyte su un solo supporto , immagazzinando su un disco micro-olografico la stessa quantità di dati che andrebbe a occupare 20 dischi Blu-ray a singolo strato e chissà quanti dischi DVD double-layer da 9 Gigabyte ciascuno.

La multinazionale spera di avere pronto un prodotto finito e commerciabile entro il biennio 2011-2012, preconizzando applicazioni di archiviazione prima di tutto professionali e un costo iniziale di 50 dollari per disco. Quel che è certo è che al momento esiste solo la tecnologia ottica in se, mancando apparentemente un supporto prototipo realizzato a partire dai micro-ologrammi.

Di buono c’è che in teoria l’holo-storage di GE dovrebbe essere retrocompatibile con gli standard CD, DVD e Blu-ray , servendosi più o meno dello stesso grado di riflettività ottica di base. Di cattivo c’è il fatto che i tentativi di commercializzare la tecnologia olografica sono già tanti e niente affatto recenti, e nessuno è sin qui riuscito a mantenere le promesse fatte.

Come se non bastasse c’è da considerare l’attuale stato dello storage ottico, magnetico e allo stato solido, con Blu-ray che non è ancora all’altezza delle aspettative della vigilia anche se guadagna terreno , mentre i dischi SSD costano un occhio della testa mostrando una curva di adozione parecchio lunga e devono vedersela con gli hard disk magnetici più recenti, arrivati grazie a Western Digital e Seagate alla (un tempo) fantasmagorica capacità di 2 terabyte (da non confondersi con i tebibyte , comunque) per una frazione del prezzo del più scalcagnato disco a stato solido (SSD) attualmente in circolazione.

In una siffatta situazione, e con la minaccia sempre più pressante dei contenuti in streaming e dei formati di distribuzione diskless , viene da porsi più di un dubbio su quanto nel “nuovo” risultato tecnologico di GE sia da considerare speranza illusoria e quanto possibilità concreta di prodotti commercialmente spendibili in un tempo futuro ancora ignoto. Almeno per il comparto consumer.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
29 apr 2009
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