Gli orologi svizzeri sono in ritardo: Apple Watch ha vinto la partita

Apple Watch supera gli orologi svizzeri

Ha venduto più orologi Apple che non l'intera industria svizzera: il futuro dei grandi brand del settore è dunque messo a rischio dall'Apple Watch.
Apple Watch supera gli orologi svizzeri
Ha venduto più orologi Apple che non l'intera industria svizzera: il futuro dei grandi brand del settore è dunque messo a rischio dall'Apple Watch.

Nell’aria ancora risuonano le parole dell’amministratore delegato Volkswagen, Herbert Diess, il quale lo ha ammesso senza mezzi termini: se l’industria dell’auto non corre veloce verso l’innovazione, farà la fine di Nokia. Esatto, è questa la metafora adottata da Diess: la parabola di Nokia, sopraffatta dall’ondata del cambiamento, è ciò che l’industria dell’auto deve evitare a tutti i costi per poter sopravvivere ai prossimi anni di grandissima evoluzione del comparto.

Ma non c’è solo l’auto in questa situazione. Un altro esempio calzante – e la cosa è nota ormai da tempo – è nel mondo degli orologi di alta fascia, qualcosa che sta alla base dell’economia svizzera. Dici “orologio svizzero” e immediatamente balzano al pensiero valori come resistenza, precisione, durata, eleganza, prestigio. Tanta roba, ma non basta: non più. Dici “orologio svizzero” e pensi “boomer”, il che si scontra con un mondo che sta velocemente virando verso le nuove generazioni. Chi lo dice? I numeri.

Orologio svizzero? No, orologio Apple

Secondo i dati Strategy Analytics, Apple ha venduto nel 2019 ben 30,7 milioni di smartwatch in tutto il mondo contro i 21,1 milioni orologi venduti dall’intera industria dell’orologio svizzero (Swatch, Tissot, TAG Heuer e altri): per la prima volta il sorpasso è avvenuto, peraltro con ritmi opposti che lasciano supporre un ulteriore pesante gap pronto ad accumularsi nei mesi a venire. Nessuno si stupisca, però: se ne aveva il sentore fin dal 2015, quando per la prima volta Apple superò la Svizzera nei dati trimestrali di vendita. E ancor prima se ne potevano sentire i profumi se è vero che in un report del 2013 Credit Suiss scriveva (pdf):

Esiste un rischio che gli orologi – come altri prodotti di lusso in passato – improvvisamente non siano più di moda? Il rischio appare basso: la funzione dell’orologio come strumento di misurazione del tempo assume un ruolo secondario in epoche in cui spopolano cellulari e computer. Per chi lo possiede, l’orologio rappresenta piuttosto un indicatore sociale, che comunica all’esterno valori come lo status o la personalità. Sui mercati emergenti in forte espansione, la grande popolarità di status symbol occidentali dovrebbe restare intatta. Rispetto ad altri beni di lusso, come ad es. le automobili o l’arte, l’orologio presenta il vantaggio di poter essere indossato. Inoltre gli orologi sono l’unico gioiello maschile universalmente riconosciuto. Tuttavia le preferenze possono cambiare nel corso del tempo.

Credit Suisse, ora lo si può facilmente capire, fu profeta in patria, ma al tempo il report passò pressoché inascoltato (così l’opinione sull’Apple Watch in casa Swatch, anno 2016: “un giocattolo interessante, ma non è una rivoluzione“). Oggi Strategy Analytics se ne dice ormai quasi certa: la Svizzera sta perdendo la propria battaglia e secondo l’analista Steven Waltzer non ci sono ormai più possibilità di recupero.

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Gli orologi svizzeri sono in ritardo

Insomma: partita persa. Se anche la rincorsa alla logica smart (iniziata con evidente ritardo) sortisse i suoi frutti, difficilmente i brand ritardatari riuscirebbero ad allinearsi – in termini di immagine, posizionamento, brevetti e quant’altro – all’industria che fa capo ad Apple, Huawei, Samsung, Garmin e simili. Il solco scavato tra i due approcci non è probabilmente colmabile (offriamo rispettosamente alla Svizzera il beneficio del dubbio), ma i brand interessati dovranno giocoforza provarci in qualche modo, forti della propria esperienza, arroccati sulla propria utenza, cercando una via di fuga che sarà per forza di cose estremamente ristretta.

L’ultima sacca di resistenza rimasta è nel brand Rolex, negli ultimi mesi ancora fianco a fianco con Apple per quanto riguarda non tanto le unità vendute, quanto i margini di fatturato accumulati. Trattasi di un fattore di valutazione imprescindibile, utile a misurare lo stato di salute di un brand. Rolex ha dunque ancora le proprie carte da giocarsi, mentre per molti altri nomi dell’industria svizzera potrebbe aprirsi l’orlo del declino, facendo scivolare i propri modelli in seconda fascia per giocare un campionato a parte – molto meno divertente.

Cosa ci racconterà ancora il 2020? Dopo i timori di Volkswagen e gli incubi svizzeri, dove allungherà la propria ombra il mondo dell’innovazione? Nuovi Blockbuster sono pronti a venir fuori, ma spesso e volentieri quel che colpisce è il ritardo con cui i diretti interessati se ne accorgano. La storia è piena di aneddoti in tal senso: lo scherno di Nokia sul primo iPhone senza tastiera ha lo stesso sapore amaro dello scherno Swatch contro il design dell’Apple Watch. Ma il finale, irrimediabilmente, potrebbe essere lo stesso.

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Pubblicato il
6 feb 2020
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