Arabia Saudita, fatwa su Facebook

Arabia Saudita, fatwa su Facebook

Dopo l'ira del Bangladesh e del Pakistan ecco che anche le autorità saudite litigano con il sito in blu. Rimasto bloccato per qualche ora: blasfemo e lussurioso
Dopo l'ira del Bangladesh e del Pakistan ecco che anche le autorità saudite litigano con il sito in blu. Rimasto bloccato per qualche ora: blasfemo e lussurioso

Facebook, ancora una volta, oltrepassa i limiti della pubblica decenza. È successo in Arabia Saudita dove, su decisione della locale autorità per le comunicazioni, il più grande social network del mondo è stato bloccato temporaneamente perchè definito blasfemo e lussurioso .

Il divieto temporaneo segue lo stesso percorso che sia il Pakistan sia il Bangladesh avevano attuato all’inizio di quest’anno, per limitare al pubblico la visibilità dei servizi offerti dal sito. Ma, mentre il blocco in questi due Paesi era durato qualche giorno, in Arabia Saudita l’oscuramento, iniziato venerdì, è durato poche ore. Agli utenti che, ignari di tutto, provavano ad accedere compariva la frase “siamo spiacenti, la pagina richiesta non è disponibile”.

Il sito blu era già finito nel mirino degli ayatollah in quanto “portatore di lussuria”, luogo in cui ragazzi e ragazze possono parlare troppo liberamente. Ma stavolta, a fare oltrepassare i valori conservatori del regno, sarebbe stato un blogger che, usando Facebook, avrebbe condotto una vera e propria campagna di blasfemia . “Io sono Dio” scriveva delirante il blogger che, non contento, arricchiva i suoi post con insulti virtuali al profeta Maometto. Il ventiseienne, Walid Husayn, ha infatti utilizzato il social network per criticare la religione e promuovere il libero pensiero , apostasia e ateismo. Si tratta, riporta Associated Press , di un barbiere della cittadina di Qalqiliya, figlio di uno studioso dell’Islam.

Per lui sono scattati subito gli arresti. Ma la mano pesante del governo evidentemente non si è fermata lì, e si è abbattuta anche sull’incolpevole social network. Nel frattempo, la Arabic-speaking Irreligious Coalition ha chiesto la liberazione del giovane e ha avviato una petizione su Internet in modo da attirare l’attenzione di un vasto pubblico e per far scattare l’allarme tra i gruppi di difesa dei diritti umani. Intanto, dalla sede californiana di Facebook, non è trapelata alcuna informazione che potesse intendendersi come reazione alla politica del governo saudita.

Raffaella Gargiulo

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Pubblicato il 15 nov 2010
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