Bangladesh, Facebook non c'è più

Bangladesh, Facebook non c'è più

Dopo l'ira del Pakistan, anche le autorità di Dacca si sono scagliate contro il sito in blu. Che è stato bloccato temporaneamente, dopo l'arresto di un uomo colpevole di aver caricato immagini blasfeme di Maometto
Dopo l'ira del Pakistan, anche le autorità di Dacca si sono scagliate contro il sito in blu. Che è stato bloccato temporaneamente, dopo l'arresto di un uomo colpevole di aver caricato immagini blasfeme di Maometto

Caricature offensive, ma soprattutto pericolose, un vero e proprio attentato alla pubblica sicurezza. Così l’organo di regolamentazione per le Telecomunicazioni (BTRC) in Bangladesh, che ha recentemente deciso di serrare le porte social di Facebook. Un blocco temporaneo, da sciogliere solo dopo l’avvenuta rimozione di materiale definito oltraggioso, infamante, blasfemo .

Ovvero vignette satiriche, immagini caricaturali in primis del profeta dell’Islam Maometto . Poi, di vari leader nazionali, dal padre della nazione Sheikh Mujibur Rahman al primo ministro in carica Sheikh Hasina, fino ad alcuni capi dell’attuale opposizione. Immagini apparse sul popolare sito in blu , che avrebbero “ferito i sentimenti religiosi della maggioranza musulmana presente in Bangladesh”.

Questa la visione del BTRC del paese asiatico, che ha deciso di bloccare l’accesso al social network dopo l’arresto a Dacca del cittadino Mahbub Alam Rodin, reo di aver caricato le immagini incriminate. Un gesto che pare aver scatenato l’ira di una parte della popolazione di fede musulmana, riversatasi per le strade della capitale per protestare e inneggiare contro Facebook .

Una situazione dunque molto simile a quella scatenatasi poche settimane fa in Pakistan , dove le autorità avevano deciso di bloccare prima Facebook e poi altre piattaforme web come YouTube e Flickr. Lucchetti temporanei, che sono stati ora aperti da un tribunale di Lahore: “non è possibile bloccare l’accesso all’informazione”, almeno secondo il giudice. Le autorità pakistane potranno oscurare le immagini blasfeme, ma non l’intero sito.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
31 mag 2010
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