Asta frequenze, la banda del tesoretto

Asta frequenze, la banda del tesoretto

Tremonti toglie gli 800 milioni al ministro dello sviluppo per indirizzarli a "interventi indifferibili" e riacquisto di titoli di Stato. Le aziende del settore aspettano e pensano al modello Metroweb
Tremonti toglie gli 800 milioni al ministro dello sviluppo per indirizzarli a "interventi indifferibili" e riacquisto di titoli di Stato. Le aziende del settore aspettano e pensano al modello Metroweb

Tra le diverse misure emergenziali contenute nella legge di stabilità che sarà votato oggi dal Consiglio dei Ministri c’è anche una misura che destina la metà del surplus dell’asta LT (circa 800 milioni di euro) non al settore telecomunicazioni come voleva il ministro competente Paolo Romani, ma per il 50 per cento all’aumento di fondi destinati ad “interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi a eventi celebrativi”, e l’altra metà all’ammortamento dei titoli di Stato.

Il tesoretto era stato creato dal successo dell’asta delle frequenze che aveva portato nelle casse dello Stato 1,5 miliardi in più, rispetto ai 2,4 già previsti dal patto di stabilità.

La destinazione alle telecomunicazioni delle risorse era logica conseguente al fatto che il settore ha versato con l’asta per le frequenze LTE quasi 4 miliardi nelle casse dello Stato: le aziende, insomma, speravano che questo permettesse al Governo un minimo spazio di manovra per svolgere il suo ruolo nello sviluppo delle infrastrutture necessarie alla banda larga e ultralarga. E il Ministro dello Sviluppo Romani ci aveva contato ed era riuscito ad inserire, nell’ultimo decreto estivo salva-spread, una norma che destinava quegli 800 milioni “al settore da cui provengono, al comparto ITC”. Questo avrebbe dovuto permette al settore di costituire “uno dei pilastri della nuova manovra: abbiamo un grande piano – affermava allora il ministro – per la banda larga e finanzieremo il progetto anche grazie ai proventi aggiuntivi dell’asta LTE”.

Anche se non ci si fosse riusciti a mettere d’accordo sul cosiddetto Piano Romani, con cui il ministro voleva portare avanti il progetto di digitalizzazione (che per lo sviluppo di una banda larghissima in tutte le case voleva costituire una società pubblico-privata frutto della collaborazione di tutti i principali operatori), le risorse sarebbero potute essere facilmente destinate a Infratel: la società che per incarico del Ministero e con fondi pubblici sta cercando di portare la banda larga nelle zone del digital divide.

Dopo che il tavolo Romani è stato praticamente bocciato nei modi da un protagonista necessario come Franco Bernabé, dunque, Romani si trova davanti un nuovo ostacolo che lascia i suoi progetti senza risorse reali: se il decreto sviluppo vedrà la luce , sembra destinato ormai a doversela cavare a costo zero. Per questo Il ministro dello sviluppo deve tenere sottocchio tutte le possibili proposte per portare avanti i progetti delle nuove infrastrutture digitali: in questi giorni ha così incontrato l’ad del fondo F2i, Vito Gamberale.

Quest’ultimo ha illustrato le prospettive di sviluppo di Metroweb, la società che gestisce la fibra ottica milanese e che F2i ha acquistato a giugno per 400 milioni di euro, sul fronte della banda ultralarga: il progetto imprenditoriale di Gamberale prevede un approccio città per città (è partito da Milano e ora intende portare la fibra a Bergamo, Brescia, Genova e Piacenza), facendo accordi con le realtà locali e cercando di creare una società per la fibra per ogni città ottenendo i soldi dalle banche e dalla Cassa depositi e presiti. Il tutto muovendosi innanzitutto in un’ottica di richiesta di mercato, che spinge a partire dai distretti industriali.

Secondo una nota del Ministero, l’incontro è stato proficuo e Romani ha “particolarmente apprezzato l’impegno dell’operatore milanese, le cui strategie di crescita possono dare un contributo al piano governativo di digitalizzazione del Paese”. Anche se non avrebbe il vantaggio di rispondere all’esigenza di colmare il digital divide, il piano Metroweb ha almeno raccolto l’appoggio di Telecom Italia e Asstel e gode di una sinergia particolare: il neo-presidente di Metroweb è Franco Bassanini, che presiede anche la Cassa Depositi e Prestiti, l’ente cioè che, secondo quanto stabilito dal Piano nazionale di riforma presentato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, avrebbe dovuto anche partecipare al finanziamento del Piano Romani.

Quello che sembra ormai un gioco delle tre carte con al centro questo tesoretto , naturalmente, oltre a lasciare il ministro Romani con una mano difficile da giocare ha spinto anche l’opposizione ad esprimere le sue perplessità: Paolo Gentiloni, responsabile Forum Ict del Partito democratico, in particolare ha parlato di ennesime promesse mancate e di mancanza di chiarezza da parte del Governo in materia di strategia per lo sviluppo; anche il Presidente della Camera Gianfranco Fini ha chiesto lo sblocco degli 800 milioni per la banda larga in quanto importanti per “lo sviluppo economico attraverso il digitale”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 13 ott 2011
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