Aste online, quel decreto è un problema

Aste online, quel decreto è un problema

Si sviluppa il dibattito intorno al decreto legge: l'avvocato Lisi risponde alle osservazioni di Scardovi (Assecom) sulla responsabilità di siti d'aste e utenti
Si sviluppa il dibattito intorno al decreto legge: l'avvocato Lisi risponde alle osservazioni di Scardovi (Assecom) sulla responsabilità di siti d'aste e utenti


Roma – Spett.le Redazione, sono fuori studio a Milano per tenere delle lezioni ad un Corso postuniversitario in materia di “Legislazione su Commercio Elettronico e Internazionale” e non ho potuto fare a meno di sobbalzare sulla sedia quando ho letto la lettera Aste online? Pochi rischi molti diritti a firma del Presidente di tal Assecom, Stefano Scardovi.

Prima di tutto, chiedo perdono se non sarò particolarmente preciso nel presente modesto contributo al dibattito, ma essendo fuori studio dovrò affidarmi più che altro alla memoria e ai tanti studi giuridici effettuati nel settore… e tra poco dovrò rientrare in aula e la fretta è cattiva consigliera, ma l’articolo citato merita una risposta immediata e decisa! In quell’articolo, infatti, si è affermato candidamente che “le vendite fra privati non sono contemplate nell’ordinamento giuridico italiano ed europeo come commercio elettronico”, ai sensi dell'”unica disciplina” italiana ed europea in materia, il D.Lgs. 114/1998!

Occorre riferire che in Italia e in Europa, al commercio elettronico in senso lato sono potenzialmente applicabili tantissime normative (anche troppe!), tra le quali ricordo il D.Lgs. n. 70/2003 (di recepimento della direttiva 2000/31/CE), nel quale si parla genericamente di “servizi della Società dell’Informazione”, ricomprendendo servizi di varia natura e anche solo indirettamente “economici”.

Sulla base di queste tante normative, la dottrina è concorde nel ritenere che oggi vi sia un commercio elettronico B2B (Business to Business), B2C (Business to Consumers), C2C o P2P (Consumer to Consumer oppure Person to Person). Si parla di commercio elettronico ormai anche per i processi e-government e di e-procurement propri della P.A.

Il sig. Scardovi nel suo articolo, fa riferimento al D.Lgs 114/1998 e alle problematiche delle aste on line B2C (e, quindi, all’art. 18 comma 5), problematiche queste lungamente dibattute in dottrina… ma da questo a riferire che per la legge italiana ed europea il commercio elettronico è solo quello contenuto nella definizione data dall’art. 4 del D.Lgs. 114/2003 ce ne corre. Mi sembra quanto meno una affermazione avventata, per non dire profondamente sbagliata.

Inoltre, l’articolo 1 comma 7 del Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 dice espressamente questo: “Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza”… dove il legislatore ha fatto riferimento al D.Lgs. 114/1998 in questa norma? Perché quest’articolo andrebbe interpretato secondo i dettami del Decreto legislativo contenente “La Riforma sul Commercio”?

Nell’articolo 1 del citato D.L. si descrive un nuovo illecito amministrativo che si verifica in caso di “acquisto”, ma anche di semplice “accettazione” di cose delle quali non si è accertata sia la legittima provenienza sia la conformità alla legge italiana sulla proprietà intellettuale. Come si fa a farlo oggi “in maniera consapevole e corretta” su certi siti web di scambio, senza rischiare, quindi, una sanzione di 10.000 euro (che non sono proprio “bruscolini”)?

L’illecito è riferibile, inoltre, anche a coloro che “si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza”! Stiamo scherzando? Perchè il legislatore (il Governo, in verità) con un altro Decreto Legge si occupa nuovamente (in maniera così generica e controversa) di diritto d’autore all’interno di un articolo dedicato all’internazionalizzazione e mentre si sta discutendo ancora del famigerato “Decreto Urbani”?

Combattere la contraffazione rimane ovviamente e teoricamente giusto… ma i mezzi devono essere adeguati e ragionati, magari in maniera condivisa con tutti gli attori del mercato virtuale, e non favorendo, direttamente o indirettamente gli interessi di qualcuno!

Avv. Andrea Lisi
www.studiodl.it

P.S. – Vi prego di indicare ai Vs. numerosi lettori il mio breve articolo “Una nuova norma “ammazza internet”: ma perchè si continua a criminalizzare il commercio elettronico in Italia?” pubblicato su scint.it , dal quale si può meglio evincere il mio ragionamento sull’articolo 1 comma 7 del Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35.

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Pubblicato il
5 apr 2005
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