Canada, quel rapporto anti-P2P è un plagio

Canada, quel rapporto anti-P2P è un plagio

Un gruppo di ricerca canadese analizza lo stato del file sharing copiando numeri e statistiche. La fonte? Il report antipirateria stilato dall'industria statunitense dei contenuti
Un gruppo di ricerca canadese analizza lo stato del file sharing copiando numeri e statistiche. La fonte? Il report antipirateria stilato dall'industria statunitense dei contenuti

La Conference Board of Canada dovrebbe essere un gruppo di ricerca indipendente, obiettivo e privo di simpatie particolari per le parti chiamate in causa nei suoi studi. Nella pratica si rivela agire come fosse una sussidiaria della potente industria del copyright statunitense, da cui la Board canadese copia i suoi “studi originali” per propagandare l’allarmante stato della pirateria digitale nel paese.

Il pasticciaccio pro-copyright della CBC lo svela l’esperto e professore di legge all’Università di Ottawa Michael Geist, che sul suo blog evidenzia le brutture e le scopiazzature contenute nel rapporto sull’economia digitale rilasciato dall’organizzazione. Secondo Geist CBC tradisce la sua natura di appendice delle lobby yankee già a partire dalla press release allegata al rapporto, eloquentemente titolata “Il Canada come capitale del file sharing nel mondo” e in cui si sostiene che “a causa di una mancata regolamentazione e imposizione legale, la pirateria telematica sembra essere in aumento in Canada”.

La CBC sostiene che la mancanza di opportune regolamentazioni permette alla “pirateria di Internet” di proliferare senza controllo nel paese, con un numero stimato di 1,3 miliardi di file “illegali” scaricati, pari a 65 volte la quantità di download legali. Tali cifre, sostiene sempre la CBC, rispecchiano la supposta conclusione dell’OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) secondo cui il Canada ha la maggior quota di file sharing “illegale” pro capite del sistema solare mondo.

Geist contesta tutte le eclatanti super-cifre sbandierate dalla CBC, a cominciare proprio dai supposti 1,3 miliardi di download illeciti che in realtà si riferiscono a un’intervista di 1.200 persone risalente a 3 anni fa, un sondaggio evidentemente obsoleto e statisticamente irrilevante ma che è bastato all’organizzazione a dichiarare l’emergenza nazionale per il file sharing non autorizzato.

Le conclusioni dell’OECD, inoltre, non avrebbero nulla a che vedere con l’attualità del Canada: lo studio risalirebbe a 6 anni fa (sarebbe quindi più che obsoleto), limita le sue considerazioni a soli 30 paesi e non fa commenti sulle attività illecite citate nel comunicato stampa.

Il rapporto vero e proprio, nell’impietoso confronto paragrafo per paragrafo messo online dal professor Geist, risulta essere un puro e semplice plagio dell’ IIPA 2008 Special 301 Report on Canada , riconducibile alla International Intellectual Property Alliance , che raccoglie i principali attori statunitensi dell’industria del copyright. Dopo aver citato ancora altri due rapporti sempre della CBC, anch’essi palesi contraffazioni di materiale altrui, Geist si chiede e chiede ai membri dell’organizzazione quanta credibilità possa avere questo genere di lavori e quanti soldi siano stati spesi dal ministero della Ricerca e dell’Innovazione per finanziare il rapporto.

La risposta della CBC non si è fatta attendere, e anche se ammette che “alcuni dei paragrafi citati approssimano molto da vicino le sentenze del documento usato come fonte” (cioè il rapporto della statunitense IIPA) non ritratta le sue conclusioni e soprattutto non dà giustificazioni coerenti sulla palese scopiazzatura .

Per quanto riguarda i soldi spesi da parte del ministero per la Ricerca e l’Innovazione, il responsabile del dicastero John Wilkinson ha ammesso di averlo finanziato con 15mila dollari statunitensi.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 27 mag 2009
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