Parlare di libertà

Parlare di libertà

di M. Calamari - La scelta del linguaggio e dei temi non è casuale. È frutto di un clima che, forse, nel Belpaese sta cambiando. Anche rispetto al passato
di M. Calamari - La scelta del linguaggio e dei temi non è casuale. È frutto di un clima che, forse, nel Belpaese sta cambiando. Anche rispetto al passato

Come già noto ai miei 14 lettori, isolato causa vacanze in un (bel) paesino dove non passa nemmeno un autobus, mi sono ridotto a fruire massicciamente della carta stampata: persino quella di tipo domenicale.

Perciò, pur da drogato della società dell’informazione, sono stato esposto a dosi massicce di questa diversa forma di comunicazione, che utilizzando la nostra usuale terminologia informatica potremmo definire “di tipo legacy”, che pure in passato era in grado di smuovere coscienze e suscitare rivoluzioni, e oggi viene considerata dal pensiero popolare quella più “intellettuale”.

Questo semplice fatto ha dato il via, in maniera praticamente automatica, ad una serie di pensieri, abbondanti di opinioni quanto poveri di informazioni; i lettori di Cassandra sono avvertiti e perdoneranno quindi questo ben poco giornalistico approccio.

Fa bene ed è utile, come sosteneva già l’ormai troppo citato Tommaso Campanella, interessarsi del passato; è anche per questo che, tutte le volte che trovo un giornale od un libro vecchio od antico, dedico un po’ del mio sempre più prezioso tempo a leggerlo anche se parla di cose note o scontate. Epperciò noto con interesse arcaismi, cambiamenti di vocabolario, modalità di comunicazione, tipi e “colori” di propaganda.

Una delle cose più interessanti ed apprezzabili che ho trovato ultimamente è stata una rivista di propaganda nazista dedicata all’aviazione, stampata in italiano per italiani dall’ufficio propaganda della Luftwaffe e molto ben fatta. Un prodotto editoriale di qualità molto, molto alta. L’ho comprata appena vista su una bancarella in un mercatino dell’antiquariato, ad un prezzo che avrebbe giustificato un cambiamento di titolo da “Aquila” (Der Adler) a “L’Aquila d’oro”. I messaggi di propaganda veicolati tramite foto, testi e pubblicità erano interessanti, anche se un po’ ingenui per persone del terzo millennio ben più avvezze, almeno in parte, alla decodifica di flussi informativi.

La somma del tutto personale di queste ed altre letture “vintage”, unita all’indigestione di quotidiani moderni fatta in questi giorni mi ha portato a due considerazioni.

Nella stampa passata, particolarmente di paesi assolutistici come Germania nazista, Unione Sovietica stalinista, le categorie utilizzate nella cronaca erano spesso di tipo assoluto: il volere del popolo, la famiglia, il Re, il destino della Patria, il sol dell’avvenire e così via. C’erano anche, di solito solo in paesi con democrazie più o meno compiute, categorie più umane come libertà, diritti civili, uguaglianza, valore della cultura. “Niente di strano in questo – direte voi – è un’analisi piuttosto scontata e superficiale”.

È vero, ma il nocciolo è che, sempre dal mio punto di vista, le categorie del primo tipo sono sempre abbondanti nella stampa italiana (e se è per quello anche nella televisione), mentre le seconde sono oggi praticamente assenti. “Onestà, corruzione, voto del popolo, volontà popolare, Costituzione, Istituzioni” sono le categorie politiche di moda. Di “Libertà” invece, oggi, in Italia e sui giornali, non parla più nessuno. Visto che ne parlavano in secoli bui e passati, è possibile che qui ed oggi la cosa non interessi più a nessuno?

O non sarà perchè, vuoi per abitudine, vuoi per condizionamento, vuoi per timore, od addirittura per paura, parlare di libertà è diventato difficile? Già: è diventato difficile parlare di libertà, non solo nella Rete ma, purtroppo anche fuori.

E la cosa, a Cassandra, fa tanta paura.

Marco Calamari

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Pubblicato il
3 set 2010
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