Diverse associazioni di categoria europee e italiane del settore tecnologico hanno scritto ai vertici del governo per scongiurare l’implementazione della delibera 207/25/CONS di AGCOM che classificherebbe le CDN (Content Delivery Network) come reti di comunicazione elettronica ai sensi dell’EECC (European Electronic Communications Code). Un tema già trattato su queste pagine a fine settembre.
Le associazioni tech contro la delibera AGCOM sulle CDN
I firmatari sono CCIA Europe (Computer & Communications Industry Association), ITI (Information Technology Industry Council), Altroconsumo, BSA (Business Software Alliance), InnovUp e Internet Infrastructure Coalition. La lettera è stata inviata da Giorgia Meloni (presidente del Consiglio), Adolfo Urso (ministro delle imprese e del made in Italy) e Alessio Butti (sottosegretario con delega all’innovazione), esprimendo profonda preoccupazione
e parlando esplicitamente di una classificazione impropria. Riportiamo di seguito alcuni estratti della comunicazione.
Tale delibera rappresenta un’estensione ingiustificata dell’ambito di applicazione del Codice. Le CDN operano trasportando traffico in modo privato, a differenza dei servizi di telecomunicazione pubblici che servono direttamente gli utenti finali. Pertanto, tale misura danneggerà l’ecosistema digitale italiano, scoraggerà gli investimenti infrastrutturali e introdurrà, di fatto, network usage fees in violazione degli impegni commerciali UE-USA dell’Agosto 2025, in cui l’Unione Europea si impegnava a non introdurre nessuna tipologia di network fee, puntando quindi sulla positiva cooperazione tecnologica tra Europa e Stati Uniti.
È chiamato in causa anche il Digital Networks Act. Il rischio sarebbe quello di applicare una misura nazionale che anticiperebbe il quadro normativo europeo, frammentando il mercato unico digitale anziché armonizzarlo.,
È particolarmente preoccupante che l’Italia, che si era già opposta all’introduzione di una network fee già nel 2023, ora si muova unilateralmente, rischiando di creare un pericoloso precedente a livello europeo.
Riconoscere le CDN come reti di comunicazione elettronica, inoltre, sottoporrebbe anche i CAP (Content Application Providers) ai meccanismi di risoluzione delle controversie con gli operatori di telecomunicazioni previsti dall’articolo 26 del Codice
. Un recente studio dimostra che questo potrebbe consentire agli operatori di telecomunicazioni di imporre compensi per la distribuzione di contenuti già richiesti e pagati dagli utenti finali, costituendo, di fatto, una network fee attraverso lo strumento regolatorio
, in contrasto con gli impegni commerciali assunti tra Europa e Stati Uniti.
A farne le spese, stando ai firmatari della lettera, sarebbe l’intero ecosistema dell’innovazione digitale italiano, mettendo a repentaglio i principi fondamentali dell’architettura aperta e decentralizzata di internet
. L’impatto si manifesterebbe direttamente sulle industrie creative, le startup e le PMI che dipendono da servizi CDN competitivi per la loro attività, costringendole ad affrontare costi più elevati e un deterioramento della qualità del servizio per i consumatori
.
Inoltre, tale decisione comprometterebbe significativamente i servizi pubblici essenziali, incluse le agenzie governative, le istituzioni finanziarie e i fornitori di servizi sanitari che si affidano all’infrastruttura CDN per gestire i picchi di traffico digitale e garantire la cybersicurezza.
Verrebbero meno anche gli impegni finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del Decennio digitale europeo e quelli stabiliti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Alla luce di quanto esposto, chiediamo al governo italiano di impedire l’attuazione della delibera dell’AgCom, assicurando un quadro normativo che promuova l’innovazione, preservi l’allineamento con gli impegni europei e favorisca la trasformazione digitale del Paese.